Buona fame!Scuola: e se la finissimo con lo Stato gestore?

Uno Stato che sia meno gestore è il sogno di tanti in questo Paese, tuttavia, quando si parla di istruzione, la schiera dei liberali s'assottiglia. Sostenere l'utilità di una formazione non statal...

Uno Stato che sia meno gestore è il sogno di tanti in questo Paese, tuttavia, quando si parla di istruzione, la schiera dei liberali s’assottiglia.

Sostenere l’utilità di una formazione non statale è infatti ancora un po’ troppo politicamente scorretto da noi, come le polemiche intorno al referendum bolognese di maggio hanno dimostrato.

Per questo non si può che salutare con un certo sollievo la pubblicazione, via ebook, del saggio breve Liberiamo la Scuola, scritto a quattro mani da Andrea Ichino e Guido Tabellini, per i Corsivi del Corriere della Sera.

Un lavoro che propone, con solide basi di comparazione internazionale, la creazione, su adesione volontaria, di scuole pubbliche autogestite. Per far cosa? Per uscire dal sistema rigidamente centralistico in cui oggi l’istruzione si trova immersa e innestare un percorso di autonomia e concorrenza virtuosa, in grado finalmente dare respiro e orizzonte ad una scuola che stenta nelle comparazioni internazionali e non solo.

Si parla di scuole che, restando pubbliche, vengano gestite da comitati di genitori e/o insegnati, enti non profit, dirigenti scolastici, e che siano autonome nei percorsi formativi come nell’utilizzo delle ricorse economiche assegnate. Che lo siano anche e soprattutto nella scelta del personale docente, potendo assumere, licenziare e retribuire in libera scelta.

Un piccola-grande rivoluzione, quella ipotizzata da Ichino e Tabellini, che potrebbe essere sperimentata sia in aree che esprimono buoni esiti formativi, in termini globali (ma non sufficienti se comparati con altri cluster territoriali economicamente comparabili nel mondo), sia da luoghi che stentano a raggiungere livelli minimi dell’Europa a 27.

È venuto il momento di provare aperture organizzative significative, lasciando allo Stato un ruolo più marcatamente di controllo e meno, appunto, di gestore diretto, come avvenuto inlascio Paesi. Non bastano più piccole riforme di aggiustamento, è necessario il coraggio di passi significativi per migliorare i risultati formativi. È ormai pacifico, è l’abbiamo già scritto, che il sistema concorsuale in essere per la selezione degli insegnati non genera una classe docente sufficientemente competente e motivata. Sono i buoni insegnati a fare una buona scuola, anche le maggiori risorse, pur indispensabili, non faranno migliorare miracolosamente il sistema scolastico.
Sperimentare almeno il disegno di un modo diverso di fare scuola non è più procrastinabile, il perché è sotto gli occhi di tutti.

E ogni anno che passa, è un anno perduto nella rinascita di questo benedetto Paese, e nel riscatto generazioni più giovani, per le cui condizioni ci indignamo ai intervalli regolari ma rimanendo sempre nella genericità della lamentazione.

Ogni anno che passa, interessi o no, chi potrà permetterselo colmerà le lacune del sistema attuale “comprando” sul mercato la qualità che non trova, viceversa i ceti meno abbienti, non lo potranno fare.
Ogni anno che passa diventa sempre più ndispensabile liberare quelle energie positive che pure sistono nelle scuole e non riescono ad essere messe in campo perché imbrigliate in un sistema burocratico fuori dal tempo e dal buon senso.

Sarebbe un passo politicamente e culturalmente significativo il ministro Maria Chiara Carrozza, da parte sua, concedesse la possibilità di attivarla.

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