Nel diario a lui attribuito e pubblicato il 19 maggio 1962 dal quotidiano Il Tempo, presumibilmente alla data del 20 agosto 1943, ma riferendosi al suo arrivo nell’isola di Ponza, avvenuto la mattina del 28 luglio, Mussolini avrebbe scritto: “Quando giunsi a Ponza vi era ancora confinato Pietro Nenni. Oggi sarà ormai un uomo libero. Ma se è ancora in vita lo deve proprio a me. Sono molti anni che non lo vedo, ma non credo che sia cambiato molto”.
Lo sbarco del dittatore caduto in disgrazia e prigioniero ormai del re avvenne mentre “tutte le finestre e i balconi erano gremiti di uomini e donne – armati di binocolo che seguivano la barca…” come lo stesso Mussolini raccontò poi nel libro Il tempo del bastone e della carota.
E tra quanti assistevano allo spettacolo c’era infatti Nenni, il quale annotò poi nel suo diario:
«Dalla finestra della mia stanza ora vedo col cannocchiale Mussolini: è anch’egli alla finestra, in maniche di camicia e si passa nervosamente il fazzoletto sulla fronte. Scherzi del destino! Trenta anni fa eravamo in carcere assieme, per aver partecipato attivamente all’agitazione proletaria di Forlì contro
l’impresa libica, legati da un’amicizia che sembrava dover sfidare il tempo e le tempeste della vita, basata come era sull’odio comune della società borghese e della monarchia e sulla volontà di non dare tregua al nemico comune. Oggi eccoci entrambi confinati sulla stessa isola; io per decisione sua, egli per decisione del re e delle camarille di corte, militari e finanziarie, che si sono servite di lui contro di noi e contro il popolo e che oggi di lui si disfano nella speranza di sopravvivere al crollo del fascismo.
Ed ecco, stasera il destino ci riunisce nella breve cerchia di un comune destino, ma Mussolini è un vinto, è l’eroe dannunziano che, ruzzolato dal suo trono di cartapesta, morde la polvere e non c’è attorno a lui che gente che lo rinnega per volgersi verso altre mangiatoie. Noi, i suoi avversari di venti anni, i «rottami» contro i quali egli ha avventato i suoi sarcasmi, noi siamo in piedi per altre tappe, altre lotte, altri cimenti, in piedi con la dignità della nostra vita, in piedi con la fierezza della parola mantenuta, italiani senza aureola di gloria o di successo, ma dei quali si dovrà pur dire che per essi la politica fu una cosa seria. Mentre è stata per Mussolini e per i suoi niente altro che farsa e impostura». (Tempo di guerra fredda. Diari e lettere 1943-1956)