Città invisibiliDa magazzino a scuola. La Avenues di New York

Passeggiando per Chelsea non si può non notare. Tra le Gallerie d’arte ed i palazzi ancora in abbandono salta subito agli occhi quell’edificio lungo la decima avenue. New York regala anche queste s...

Passeggiando per Chelsea non si può non notare. Tra le Gallerie d’arte ed i palazzi ancora in abbandono salta subito agli occhi quell’edificio lungo la decima avenue. New York regala anche queste sorprese. Quella di un palazzo con il “retro” affacciato sulla High-Line, il parco sopraelevato tra i grattacieli. Un ex magazzino all’ingrosso di generi alimentari di dieci piani per 215mila metri quadrati disegnato negli anni Venti da Cass Gilbert. Trasformato in una scuola da Perkins Eastman, un esperto nella progettazione di questa tipologia. Al contrario di Bonetti e Kozersky, già autori di negozi di lusso per Donna Karan e Tod’s, che per gli interni non hanno avuto alcun riferimento. Una scuola privata, riservata ad una selezionatissima élite, solo 740 studenti, dall’asilo alle superiori. Con rette da capogiro, 40mila dollari l’anno, extra esclusi. La Avenues: the World School. Un progetto educativo, più che una semplice scuola. Ideato da Chris Whittle, il padre di Edison Projet, l’iniziativa per la gestione della scuola pubblica dalle alterne fortune. Realizzato in virtù dell’ impegno, di due fondi di private equity, per una somma pari a 75 milioni di dollari. Un progetto culturale e architettonico. Per il primo ci si è affidati ad un ex rettore di Yale, Benno Schmidt, e a professori dai più rinomati istituti privati americani. Quanto all’“involucro” si è scelto di miscelare tradizione e innovazione.
L’idea fondante dell’architettura esterna come di quella interna è l’attenzione quasi maniacale al dettaglio. Nulla sembra essere lasciato al caso. Ancora di più, ogni scelta è il risultato di un’osservazione prolungata dei metodi e delle forme dell’insegnamento, delle richieste degli insegnanti e degli alunni, oltre che dei genitori. All’interno ampie sale di socializzazione, poste al centro di ogni piano. Intese come spazi di studio e riunioni, ben illuminate. All’ingresso una grande scalinata. In alto la caffetteria affacciata sulla High-Line. Le colonne di cemento, portanti, più esili man mano che si sale. Ai materiali tradizionali di una scuola sono stati aggiunti marmo, pelle e legno. Esposto su quattro lati, l’edificio ha più di 700 finestre. La luce entra divenendo uno degli elementi di arredo. Insieme alle sedie, ai tavoli e a poco altro. Perché nulla deve disturbare l’apprendimento. Perfino la disposizione studiata. La lavagna luminosa e interattiva accessibile dall’iPad si trova su un lato della stanza. Al posto dei banchi ci sono tavoli da tre, quattro, cinque o sei posti. Oppure scrivanie direzionali. Soprattutto non esiste un’aula-tipo. Col procedere degli studi si incentiva il progressivo allontanamento dalle aule e la permanenza nei salottini con poltrone Chesterfield. Con passeggiate nei corridoi dove sono sistemate vere e proprie opere d’arte, fornite in prestito da un collezionista newyorkese.
Per la scuola senza passato la carta vincente è propria questa. Promettere un grande futuro. Avenues è stata concepita per essere una scuola globale, la prima nel suo genere. L’obiettivo è di costruire una ventina di campus in altrettante grandi capitali. Pechino nel 2014, San Paolo nel 2015, e poi Londra, Mumbai, Singapore, Abu Dhabi ed altre città. Gli iscritti avranno la possibilità di muoversi tra le diverse sedi e saranno incoraggiati a compiere almeno un ciclo di studi all’estero. Ma per accrescere l’appeal c’è anche dell’altro. Metà delle lezioni si tengono in inglese, l’altra metà in cinese mandarino o spagnolo. Il metodo utilizzato per insegnare? Più di uno. Si è scelto di miscelare il meglio per ogni ordine di studi. Gli ingredienti per un’ottima riuscita sembrano esserci tutti. Insomma, chi passa di qui può conquistare il mondo. Forse.
Un’architettura rivoluzionaria per una scuola diventa lo scenario per una multinazionale dell’istruzione d’élite. Meno banchi, più wireless. Opere d’arte e divani in pelle, una biblioteca di ebook e pavimenti in resina viola. Un modello molto americano si appresta ad essere duplicato e divenire disponibile. Ma non a Tutti.

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