Il maleficio del dubbioLigresti: “carceri disumane”. No! Davvero?

«Devo fare qualcosa per le condizioni in carcere. Ho visto cose disumane. Stando fuori non sai com'è qui dentro. Nemmeno te lo puoi immaginare». Queste sono le parole di Jonella Ligresti, figlia d...

«Devo fare qualcosa per le condizioni in carcere. Ho visto cose disumane. Stando fuori non sai com’è qui dentro. Nemmeno te lo puoi immaginare».

Queste sono le parole di Jonella Ligresti, figlia di Salvatore Ligresti, finita in carcere settimana scorsa a seguito degli sviluppi sull’inchiesta Fonsai. La notizia non sembra tanto essere il fatto che la donna sia in carcere (già detto) o che le carceri siano in condizioni disumane (non è una novità) quanto il candido stupore di chi “non si immaginava nemmeno” che situazione la attendesse.

Eppure i servizi giornalistici “impegnati” sulle condizioni dei carcerati si sprecano. Le associazioni che fanno volontariato e sensibilizzazione sono numerose e molto attive. I dati sul sovraffollamento vengono snocciolati quasi quotidianamente dai mass media e altrettanto si può dire delle classifiche internazionali, dove l’Italia decisamente non occupa una posizione degna di un Paese sedicente civile.

Di carcere non se ne parla mai abbastanza, l’opinione pubblica merita ancora di essere sensibilizzata. Ad esempio la piaga dei suicidi dietro le sbarre è un tema che emerge troppo raramente, solo in occasione di qualche notizia eclatante. Ma nessun cittadino dovrebbe ignorare – almeno a grandi linee nella sua fatiscenza – la penosa condizione dei detenuti, salvo stupirsene quando ci sbatte la faccia.

A meno di non voler considerare Marco Pannella un povero rincoglionito che dice sempre le stesse cose, che fa gli scioperi della fame per abitudine o per dieta e che parla di questioni che agli italiani non interessano perché “ben altre” sono le loro preoccupazioni. O di voler reputare il Papa degno di attenzione solo quando parla di droga, preservativi e omosessuali, e non quando porta l’attenzione sull’emergenza delle prigioni. Se così fosse – senza andare a scomodare Voltaire – dovremmo avere tutti un motivo in più per essere preoccupati per la situazione del Paese e del suo grado di civiltà.

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