L’aria da indomito guascone, cinta da qualche rotolo prorompente di pancia (d’altronde, gli uomini di mondo sono abituati a viver bene). Un paio d’occhiali che non manca di tirar su e l’esperienza di un “entrenador” girovago tra Paraguay e Argentina. L’ostentazione della gioia è prerogativa d’altri, lui preferisce uno sguardo basso, molto spesso truce. Al limite qualcosa di spontaneo, come lui stesso faceva da calciatore.
“El Tata”, soprannome la cui origine è ignota a lui, figurarsi agli altri, porta il sudamerica in Spagna. Ad onor del vero nella città del Montjuic arriverà anche un pizzico d’Italia, specialmente di Basilicata, data l’origine ancestrale del tecnico proveniente da Ripacandida, un paesino di 1500 anime in provincia di Potenza.
Martino sostituisce Vilanova per via della recidiva del tumore che l’ha trasportato a New York durante lo scorso anno per una prima operazione. E’ stato scelto da Messi, volere più del singolo simbolo di una squadra e di una squadra immagine di un singolo. Leo asseconda il volere del padre, Jorge, che vedeva nel Tata il proprio idolo. Il figlio sarà ora allenato (se è possibile dare una definizione di allenamento ad 11 giocatori che, per rispetto, si fanno dar del lei dal pallone) dalla personificazione dei poster in camera del padre.
In questo senso, magistrale è stata la volontà della Pulce che ha surclassato anche voci provenienti dalla Russia che volevano le dimissioni di Hiddink dall’Anzhi come propedeutiche di un suo successivo passaggio agli azulgrana. D’altronde anche un miope capo-azienda avrebbe denotato particolari referenze che l’olandese poteva vantare a discapito dell’argentino. Ma tant’è, il Barcellona opera da anni come realtà a sè stante dell’universo pallone, prima a sviluppare a livelli macroscopici una cantera fucina inesauribile di talenti, ultima ad accettare una sponsorizzazione in sovraimpressione sulla maglia (la Qatar Foundation che ha proposto 150mln di buoni motivi per accettare) e un occhio particolare verso chi alla squadra catalana ha donato qualcosa, come dimostra la successione in casa della staffetta Guardiola-Vilanova e ora del passaggio ad un allenatore caldamente pubblicizzato dall’icona della squadra.
Dimostrazione lampante di una scelta più che mai oculata e orientata al team piuttosto che ad eventuali questioni extracalcistiche, la scelta di un allenatore che, allievo e discepolo di Bielsa, convive con una filosofia di gioco che calza perfettamente addosso al Barcellona. Una preferenza per il 4-3-3 con assoluta spinta degli esterni, ideali assalti ai portatori di palla e un credo di possesso ostentato del pallone con predominio al centrocampo. Un Guardiola più robusto ma granitico nelle certezze di gioco.
Martino porta da Bielsa una maniacale cura del particolare, tanto da convocare una riunione di 20 minuti antecedente al match alla stregua di un’interrogazione. Deve esser certo di poter affidare il pallone ad una cerchia di bravi studiosi, che sappiano cosa e come poter disporre della sfera. “Bielsa ci faceva studiare le cronache delle squadre avversarie sui quotidiani”.
Il detto del “sai cosa lasci ma non cosa trovi” è uno schiocco di spensierata scelleratezza in seno a Gerardo che lascia un secondo posto nella Primera Divisiòn conclusasi quest’anno con la casacca del Newell’s Old Boys per approdare all’esemplificazione della perfezione calcistica. L’aria truce che la stampa gli affibbia sano antidoto per poter far scorrazzare al meglio la premiata ditta Messi-Neymar e un paio d’altri giovani cavalieri.
Con la presentazione verranno gettate le basi dal presidente Rosell affinchè il ciclo di Guardiola possa tornare a gloriosi fasti. Sarà Martino a doverlo sedimentare. Il Barcellona è notoriamente abituato alle più alte vette e la scelta, benchè ostentata da Messi, è ad immagine e somiglianza di una squadra che della sua particolare visione del calcio ha un suo fregio e difficilmente, anche senza un allenatore della sagacia tattica di Capello o della sagacia e basta di Mourinho, sarà portata a sbagliare. E’ mettere insieme un giocattolo, una prova è stata già data da Guardiola. Si tratta di ripetere pedissequamente i movimenti. “Mes que un club”, anche in questo.