Ieri i giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno stabilito che dire «in questo schifo di Italia di m….» integra il reato di vilipendio alla nazione, dopo aver preso in esame il caso di un 71enne che si era lasciato andare a questo tipo di sfogo in seguito a una contravvenzione stradale. Ma avrebbero potuto riferirsi anche ad altri casi, a onor del vero.
Il reato – dice la sentenza – «non consiste in atti di ostilità o di violenza o in manifestazioni di odio: basta l’offesa alla nazione, cioè un’espressione di ingiuria o di disprezzo che leda il prestigio o l’onore della collettività nazionale». Tutto chiaro e comprensibile.
Ma i giudici dicono anche altro, per motivare la loro scelta. Ovvero:
Il diritto di manifestare il proprio pensiero in qualsiasi modo non può trascendere in offese grossolane e brutali prive di alcuna correlazione con una critica obiettiva.
Una critica obiettiva.
Ecco, quindi, un esempio concreto di imprecazione costituzionalmente ineccepibile: «L’Italia è un Paese di merda, ma fatemi spiegare: lo è perché i grand commis de l’etat mirano a perpetuare un intollerabile status quo, rappresentato nei fatti da una burocrazia ampollosa e decadente, da una macchina della magistratura mal funzionante e da un sistema di roccaforti di privilegi marcatamente antimeritocratico. Viste le suddette prerogative, siamo giocoforza tenuti ad asserire di non trovarci nel migliore degli assetti politico-sociali ipotizzabili».
Se nel frattempo i vigili urbani sono già rimontati in macchina e si sono allontanati, non fateci caso: hanno voluto chiudere un occhio sulla vostra imprecazione.