Padania ValleyAler 1: Il fallimento di maggioranze e opposizioni

La vicenda attorno alle Aler arriva da lontano e non è solo un problema di qualità gestionale, che intendiamoci c’è ed è serissimo. Sarebbe Troppo comodo pensarla così. La vicenda attorno alle Aler...

La vicenda attorno alle Aler arriva da lontano e non è solo un problema di qualità gestionale, che intendiamoci c’è ed è serissimo. Sarebbe Troppo comodo pensarla così.

La vicenda attorno alle Aler è una questione politica che non riguarda solo l’ente ma i comuni, la regione, il consiglio regionale (maggioranza e opposizione insieme nominarono in questi anni i cda e dunque l’opposizione non può certo tirarsi fuori), gli accordi sindacali, le politiche più generali della casa a partire dall’infausta riforma del titolo V.

La vicenda attorno alle Aler segna il fallimento di decenni di politica per la casa che riguarda tutte le forze politiche e sociali, nessuna esclusa.

Andiamo con ordine.

Assegnare competenze in materia casa alle Regioni non è stata una grande idea: alla prova dei fatti i costi sono moltiplicati e non diminuiti e far finta che questo dato di fatto non esista, significa non avere onestà intellettuale e politica. Soprattutto per chi si dichiara federalista autonomista indipendentista, per la macro regione e così via. Soprattutto per chi si dichiara liberale. Soprattutto per chi si dichiara socialista e democratico.

La riforma del titolo V ha prodotto al nord il moltiplicarsi di partecipate, fondi di matrice pubblica, società di emanazione, inefficienza … una pubblica amministrazione nel suo complesso drammaticamente NON virtuosa. Chi pensa di salvarsi l’anima paragonandosi al sud fa un esercizio retorico che nasconde mancanza di rispetto per i cittadini lombardi. Chi pensa che il problema sia la riduzione dei CdA fa solo demagogia.

Il problema delle Aler (o comunque si chiamino nelle altre regioni) è innanzitutto il problema del fallimento di anni di politica per la casa: lo è a Roma, lo è in tutte le regioni, ciascuno per la sua storia e con le sue specificità, lo è soprattutto in Lombardia.

Ed il fatto che ad oggi non vi sia una chiara proposta politica e di governo sul tema che coinvolga Stato, Regioni e Comuni non mi fa ben sperare per il futuro perché quando non c’è politica su cui confrontarsi in modo trasparente, il timore è che siamo di fronte per l’ennesima volta ad un semplice cambio di equilibri di pur legittimi interessi, privo di visione d’insieme, privo di attenzione al contribuente, consumatore, utente, privo della capacità (o volontà?) di realizzare una riforma strutturale.

I dati poi resi pubblici sul buco di bilancio delle Aler in Lombardia non mi convincono, appaiono tanto come il tentativo di farla drammatica per poi chiedere a qualche papà pantalone di intervenire in soccorso: intendiamoci il buco di bilancio esiste davvero ma per la mia esperienza ultra decennale non lo ritengo attendibile nelle proporzioni dichiarate.

Senza dubbio è stata una responsabilità politica non aver chiarito il ruolo delle Aler: sono soggetti pubblici? La loro mission è la gestione e lo sviluppo del servizio pubblico casa? Hanno una funzione sociale? Per me sì.

Perché si sono coinvolte le Aler nel Fondo Federale Immobiliare? Perché anche Finlombarda e Infrastrutture Lombarde hanno finito per occuparsi di casa? Perché si è permesso di creare società partecipate delle Aler quali l’Asset, Vivere Insieme e Csi dove pure l’opposizione non si è mai rifiutata di nominare i suoi uomini fossero di sinistra moderata o radicale?

Ho sempre considerato sbagliato e non utile ai cittadini e all’Aler stessa la creazione di società di emanazione che nei fatti si sono occupate di operazioni immobiliari nel mercato privato.

L’ho considerato sbagliato perché si sono drenate altrove energie, risorse e personale che avrebbero dovuto essere interamente impegnati sulle case popolari vista la situazione di degrado che nei quartieri si vive e visto la difficoltà dei lavoratori (senz’altro in numero esorbitante ma alcuni veramente di qualità) ad operare.

L’ho considerato sbagliato perché si è falsato il mercato stesso e i principi di concorrenza: un’ azienda pubblica che riceve trasferimenti di risorse dallo Stato (vedi contratti di quartiere, abbattimenti di tasse e facilitazioni varie) dalla Regione (vedi piani triennali e bandi per lo sviluppo) dai Comuni (con i vari strumenti urbanistici) non compete sul mercato alla pari dei soggetti privati, compete in regime privilegiato, con aiuti che si chiamano DI STATO anche quando sono derivanti da enti locali.

L’ho considerato sbagliato perché non ho mai compreso quale fosse il beneficio per le casse aziendali, per i lavoratori, gli inquilini e tutti i cittadini milanesi e lombardi che pagano le tasse.

L’ho considerato sbagliato perché vorrei un Paese che possa vantare una PA di qualità, efficiente, che contribuisca alla crescita e fattore d’orgoglio in tutto il mondo; ho sempre creduto nel ruolo puramente pubblico, di qualità del servizio casa: sono per la valorizzazione del ruolo pubblico in servizi essenziali ma esso deve essere pubblico veramente, di qualità e non terra di conquista di clientelismi vari.

Valorizzare il ruolo pubblico di un servizio casa significa poter decidere in modo trasparente di fare accordi, sinergie ed interventi in alleanza con il privato sotto una regia e un controllo istituzionale e dei consumatori. Anche sulle risorse economiche.Oggi più che mai, quelle pubbliche, sono scarse.

E allora il problema sta tutto in un punto: a fronte della sbagliata riforma del titolo V e la fine della tassa GESCAL che alimentava il sistema, non si è provveduto ad individuare un’alternativa al reperimento di risorse per svolgere il compito che l’Europa ha giustamente indicato, anche sul servizio casa.

Per l’Europa, e per lo Stato italiano che ha poi recepito l’indicazione, il servizio casa è un servizio pubblico dove pubblico e privato possono concorrere, allearsi e competere.

Sì ma in Europa si fa con forme, politiche e strumenti trasparenti e senza ipocrisie dove i legittimi interessi vengono messi sul piatto cercando soluzioni FUNZIONALI condivise.

Nessun pastrocchio. 

E allora forse la burocrazia al potere non non è in Europa.

Non è solo a Roma.

La burocrazia al potere è anche in Padania ieri ed oggi e prima ce ne rendiamo conto meglio è per tutti.

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