Era il 2011; a Febbraio Luigi De Magistris si candidò alle comunali di Napoli, andando contro il Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo che l’avevano sostenuto come Europarlamentare. A Luglio, vinse al ballottaggio battendo la destra e il suo candidato, Gianni Lettieri. Allora – e me lo ricordo molto bene – la speranza era veramente tanta. Era la rivoluzione, tutti lo pensavano. Finalmente qualcosa stava cambiando. Napoli stava cambiando. Dopo anni, decenni interi, di mala politica c’era la possibilità di fare qualcosa di buono. De Magistris era un ex-magistrato e in una città come Napoli questo bastava per farti guadagnare punti – per farti vincere. Nei suoi discorsi di inizio mandato, parlò sempre di speranza, di passione e di rinascita. Puntò allo svecchiamento del Comune e ci riuscì: piaceva. Le sue idee piacevano. Il fatto che fosse stato sostenuto dagli stessi partiti che avevano portato Napoli al disastro non importava granché. In quei mesi, tra luglio e ottobre del 2011, era il sindaco del cambiamento, il sindaco – come seguitava a dire anche lui – della gente.
Poi le cose sono cambiate. La speranza si è tramutata in pseudo populismo. Le belle promesse sono rimaste tali; le proposte hanno faticato a diventare atti definitivi, e i problemi, ancora una volta, l’hanno avuta vinta sulle soluzioni. Ztl, zone pedonali e differenziata contro crisi, criminalità e monnezza. I primi a ribellarsi sono stati i commercianti, che si sono organizzati come non avevano mai fatto prima – assumendo, talvolta, comportamenti assurdi, minacciosi. Poi la popolazione: una parte di essa. Manifestazioni, marce, occupazioni. Tutto nel giro di due anni. Due anni da quel 2011 di speranza. Me le ricordo ancora le parole che pronunciò il De Magistris vincitore. «Amm scassat!»: abbiamo scassato, abbiamo stravinto. Ad alcuni, anche solo per questo, non è mai andato a genio. Ma io ho sempre continuato, magari ingenuamente, ad avere un occhio riguardo per lui, per le sue scelte, per la sua Giunta, che ringiovaniva di continuo, protagonista di rimpasti e cambiamenti al vertice. Oggi c’è più politica e lo dice lo stesso De Magistris, in un’intervista che ha rilasciato a Marilicia Salvia per Il Mattino.
La paura che le belle promesse siano state – in parte – utilizzate ancora una volta contro gli elettori diventa però sempre più grande. De Magistris ha peccato (e pecca ancora) di ingenuità, di orgoglio e di una ostinazione che non ha precedenti. Quando gli chiedono della crisi, parla delle giunte passate, della mala politica di una volta e cerca in tutti i modi di tirare acqua al proprio mulino. Sulla Ztl è tornato – più o meno – indietro. Ha rivisto alcune cose, cambiate altre. Non sul Lungomare liberato, simbolo della sua amministrazione. Ha riportato Napoli alla ribalta con l’America’s Cup. Consulenze, assoluzioni dell’ultimo minuto, come con la Tommaselli e Sodano, e discorsi insistenti, a volte ripetitivi. Sempre nell’intervista a Il Mattino, ha ammesso che un secondo mandato non gli dispiacerebbe. È una «idea» che «mi intriga». Ma a conti fatti, oggi, del sindaco rivoluzionario, della faccia nuova e pulita di Napoli, che rimane?
De Magistris ha perso in popolarità e consensi, ha due anni per ricostruirsi un personaggio forte, da secondo quinquennio. Ma deve cambiare qualcosa. Innanzitutto il suo approccio ai problemi. Più umiltà. Se sbaglia, sbaglia: deve ammetterlo. Non possiamo continuare a giocare al gatto col topo. A rimetterci è la città, la stessa che dice di amare tanto. Sui trasporti deve pronunciarsi chiaramente, aprirsi: l’onestà non è sinonimo di debolezza, ma uno dei sintomi più forti di un’anima fiduciosa. La guerra non va fatta contro il napoletano che si lamenta, ma contro i problemi. De Magistris, isolato e accusato dall’Idv, deve ritrovare la sua forza: non deve essere il politico, l’uomo del sistema che ha portato al fallimento; deve rileggere gli umori della gente, essere il primo – ancora una volta – a optare per il cambiamento. E stavolta non deve limitarsi alle parole. Deve giocare al rilancio, come in una partita di Poker. O la va o la spacca. Certe cautele – lo dico, non lo dico; vediamo un po’, ecc. – non fanno per Napoli. De Magistris ha avuto il coraggio di salire su un palco, bandana attorno alla testa e pugni levati al cielo, e urlare alla vittoria; ora deve avere la prontezza di ammettere cosa non va, cosa ha sbagliato, cosa gli manca.
A Napoli serve un Sindaco napoletano, non un Sindaco da prima pagina.
Twitter: @jan_novantuno