Diciamocela tutta: già d’inverno è sgradevole sentirti dire che sei la causa dei tuoi mali e dovresti piangere te stesso, figuriamoci in agosto, quando fa caldo, sei in vacanza e “moglie mia non ti conosco”; pertanto mettiamo da parte le cassandre e i Laocoonti (che sotto sotto portano pure sfiga) e godiamoci una ricca, rinfrescante e corroborante saga della frescaccia estiva.
Campione #1 basta un po’ di moneta e la crisi va vi giù
Basta coi banchieri, siano quelli commerciali che centrali, poniamo fine alla insopportabile stipsi e all’austero Rigor Montis e stampiamo tutta la moneta che serve a salvare questo disastrato continente. Non siete tutti ansiosi di ricevere nuove e fruscianti banconote con l’effigie di un ex presidente del consiglio, che fa il gesto dell’ombrello o del presidente della repubblica in alta uniforme, magari con immagini commemorative delle colonie di quando l’Europa contava qualcosa?
Certo, perché come è noto la Fiat currency si basa sulla idea che qualcuno vi consegni merci e servizi subito, in cambio di una promessa e dunque, sulla fiducia che notoriamente è il fiore all’occhiello della classe politica (non solo italica) contemporanea.
Reperto #2 tutta colpa dell’euro
Ma basta con questa grigia moneta di stampo franco teutonico, che si torni a una grassa grossa lira pesante divisibile in 10 quisquilie e 100 pinzellacchere. Una valuta Made in Italy, che turisti ottusi, cafoni arricchiti e parvenu di ogni Barbara terra dove hic sunt leones bramano di maneggiare per sentirsi finalmente colti e raffinati; biglietti da visita per la nostra immagine nel mondo che rappresentino le glorie artistiche contemporanee come De Sica (figlio), Boldi, Moccia e i cantanti neo melodici. Insomma riprendiamoci la sovranità monetaria per svalutare a piacimento, monetizzare il debito e riverdire i fasti di come “stavamo meglio quando stavamo peggio”. Se poi qualche menagramo accenna a vili questioni di coerenza intertemporale gli facciamo in coro una pernacchia intonando “quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza”
Prova #3 tutta colpa dei tedeschi cattivi, del l’asse Parigi-Berlino, della perfida Albione, nonché degli immigrati che rubano il lavoro e dei cinesi sottocosto
Basta con tutte queste mortificazioni, chi ha occhi per vedere non può non notare il complotto ai danni del nostro paese ordito da un resto del mondo, invidioso, cafone, ignorante e fuori moda. Mica l’abbiamo scelta noi questa repubblica, che vorrebbe attribuire al popolino bue la responsabilità di esprimere una classe dirigente degna di questo nome. Noi vogliamo lo stato paternalista che ci accompagna al gabinetto e ci dice quanto tempo dopo la merenda possiamo fare il bagno, vogliamo il prete che dice cosa votare e che ci perdona quando ce ne infischiamo delle regole che ci siamo dati da soli; in mancanza, siamo come i bimbi sperduti di Peter Pan e il gioco non è più divertente.
Ci piace cantare “ma che colpa abbiamo noi?”, chiedere gli occhi se il vicino ruba, se la monnezza si accumula o se i beni comuni cadono a pezzi forti della mattonella della nonna appesa all’ingresso con su scritto: “fatevi i cazzi vostri“
Insomma, se oggi la moglie è sobria e la botte è vuota non vogliamo responsabilità (quelle vanno bene giusto ai tedeschi masochisti o agli anglosassoni sadici) noi non c’eravamo, se c’eravamo dormivamo e la colpa è tutta del compagno di banco.
Modello #4 Giuditta: italiani siamo noi, ma chi cazzo siete voi?
Ma alla fin fine, “che ce frega, che ce m’porta se l’oste al vino c’ha messo l’acqua?” Tanto “basta che ce sta ‘o sole e basta che ce sta o’mare”
L’Italia resta il paese più bello del mondo, se esportiamo cervelli e importiamo manovali e delinquenti (di cui pure abbiamo una certa tradizione) vuol dire che siamo più intelligenti; le nostre scuole e università sono le migliori e il mondo ce le invidia al punto che inventano classifiche concepite per sottovalutarci; le nostre caste professionali hanno tutte una pubblica utilità e se il resto del mondo ne fa a meno è perché ignorante e fuori moda; la cultura solo noi sappiamo cos’è e se Pompei cade a pezzi è una questione di malocchio mica di cattiva amministrazione; regole, regolaste e codicilli sono indispensabili al corretto funzionamento della società, non nascono certo per giustificare l’esistenza degli sbroglia-garbugli.
Insomma, va tutto bene madama la marchesa, i soldi pubblici da spendere e spandere non finiranno mai, le sapienti mani dei mestieranti della politica riusciranno ancora una volta a tenere alto il vessillo del gattopardo e se qualcuno parla del Titanic o insinua che qualcosa può andar storto gli facciamo le corna e torniamo a lamentarci di quanto fa caldo, a cercare indiscrezioni sul calcio mercato o sugli affari di cuore della copertina di turno.
Buon ferragosto