Dove si discute, tra le altre cose, della pancetta di Tom Hanks.
Arriva settembre e, quando si parla di cinema nella stampa nazionale (e internazionale), Venezia domina la scena. Perciò non fa notizia che oggi sia stato presentato il programma del London Film Festival 2013, e che il film di Paul Greengrass Captain Phillips sia stato scelto in prima mondiale per la serata di apertura della più grande kermesse cinematografica in terra albionica.
Guardando poster e trailer, e valutando il recente passato di Greengrass – che da giovane avrà magari avuto ideali (ve lo ricordate Bloody Sunday?), ma poi ha deciso di far soldi con Jason Bourne – il film non sembra particolarmente promettente. I Somali sono aggressivi e amorali, ingabbiati in un gioco più grande di loro e costretti ad essere cattivi, mentre il ‘buono’ americano Tom Hanks salva capra e cavoli, nonostante l’aspetto mite e panciuto – anzi, l’età gli dona quel tanto di pacatezza che conferisce all’eroe l’autorità del saggio.
Per una strana coincidenza cinematografica, giusto un anno fa veniva presentato a Venezia un film sullo stesso tema per la regia dell’esordiente danese Tobias Lindholm – A Hijacking. Lascio a voi decidere se valga la pena spendere dei soldi per Captain Phillips (uscirà nelle sale italiane a fine ottobre), ma A Hijacking è un film da vedere – e come molti dei film da vedere, non verrà distribuito in Italia. Ecco qualche ragione per ripescarlo online.
Il trailer in lingua originale.
A Hijacking racconta la storia della presa in ostaggio di una nave cargo danese da parte di un gruppo di pirati somali, e delle estenuanti negoziazioni portate avanti in madrepatria per la liberazione del suo equipaggio. Non è basato su una storia vera, ma questo non gli impedisce di sembrare più vero del vero. Con una formazione da sceneggiatore, Tobias Lindholm ha basato il suo cinema sulla plausibilità e sulle riprese in esterni autentici: il primo film da lui co-diretto con Michael Noer e ambientato in una prigione danese (R, 2010) è girato nella Horsenstate Prison prima che venisse demolita.
Per A Hijacking la troupe è volata fino a Mombasa in Kenya per girare sulla Rosen, una gigantesca nave cargo battente bandiera danese e destinata al pensionamento, già oggetto in passato di saccheggi di pirati. E le somiglianze non finiscono qui. Oltre ad attori professionisti – i danesi Pilou Asbaek nei panni del cuoco, Soren Malling in quelli dell’amministratore delegato della compagnia navale – il regista ha scritturato il negoziatore professionista Gary Skjoldmose Porter per interpretare se stesso.
Con una colonna sonora quasi assente e pochissime scene d’azione – non ci viene mostrato l’arrembaggio, e tutti i momenti più violenti rimangono fuori dall’inquadratura – A Hijacking rimane tuttavia un thriller angosciante e coinvolgente. La tensione sta tutta lì, nelle mancate scene madri e nella scelta di mostrarci la disarmante quotidianità di un sequestro in mezzo al mare – con le telefonate a vuoto, le veglie interminabili, il cibo che finisce, gli ostaggi costretti a pisciare in bottiglie nelle cellette in cui sono rinchiusi. Come se non bastasse, i dialoghi tra i pirati non sono doppiati o sottotitolati (nella versione originale), così da farci sentire fino in fondo il disagio e la tensione dei membri dell’equipaggio, incapaci di comunicare e in balia dei loro sequestratori.
Niente glamour, niente eroismi, nessuna particolare posizione morale – Tobias Lindholm non è interessato ad assegnare colpe e meriti, ma solo mostrare cosa potrebbe succedere a un gruppo di essere umani in circostanze così estreme. E ci riesce molto bene.