Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando,semplicemente, sul ponte… magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l’America.
Ce n’è sempre uno, che la vede. Come racconta l’incipit del bellissimo monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco, con il quale (non a caso) ho voluto iniziare questa nuova avventura, è il destino che sceglie. Magari la vedremo domani. Magari non la vedremo mai, l’America.
Inizio questo blog con un desiderio e augurio: che sia un racconto di vite, facce, sguardi di qualcuno che – anche solo per un attimo – l’ha vista. E la vuole raccontare.
Credo che in un Paese così ferito da divisioni, lotte e presunzioni, ci sia terribilmente bisogno di incontrare persone che, sotto la luce dei riflettori o distanti chilometri da essa, seguono la propria passione e, senza diventare burattini di un potere che ci vorrebbe tutti soggetti alle regole del suo gioco, fanno del bene. A sé e al mondo.
Solo così, vivere è passare “da casa a casa”, titolo di una canzone del cantautore milanese Niccolò Agliardi, al quale ho deciso di rendere omaggio in questo blog. Solo incontrando persone appassionate si può tornare a casa. Solo in questo modo si può passare “da casa a casa”. Raccontandosi e lasciandosi raccontare.
Per me scrivere é semplicemente questo. Come spiegava trent’anni fa Oriana Fallaci, presentando il suo capolavoro Un uomo:
La scuola di uno scrittore é la vita: incominciando dalla sua stessa vita. […] Lavora – scrive – anche quando non scrive: cioè quando non esercita l’atto di scrivere. Scrive quando cammina, quando mangia, quando dorme, quando fa l’amore, quando subisce un’operazione chirurgica… E qualsiasi cosa gli accada è un liquido che prima o poi finirà con l’essere versato dentro la bottiglia del suo scrivere.
Senza volermi considerare uno scrittore cerco – ironicamente – di dare spazio a queste provocazioni. E di condividere con voi tutte le mie scoperte. Sarà un percorso affascinante, ne sono convinto. Spero che, facendovi conoscere chi incontro lungo la strada, possa raccontare anche un po’ di voi.
Infine, ringrazio di cuore il direttore Marco Alfieri per la stima e l’amicizia che è nata in questi mesi, e tutta la redazione milanese per avermi accolto come si fa con i propri amici.