C’è un modo di essere con cui ognuno di noi prova ad impegnarsi per la propria comunità.
C’è chi crede che l’identità di una parte contro un’altra possa essere la soluzione ai problemi di un Paese e chi invece pensa che da una situazione di difficoltà si esca insieme partendo dall’idea che non esistono quelli eticamente migliori degli altri.
C’è chi crede che esistono caste o fazioni da abbattere e chi pensa che occorra uno sforzo culturale ed educativo da parte di tutti.
A Bologna nelle scorse due settimane ho avuto modo di incontrare tante e tanti: imprenditori italiani e stranieri che per la prima volta ho sentito pure ragionare di partnership negli assetti , associazioni cattoliche che si sforzano in tutti i modi di costruire sussidiarietà nuova e più adeguata, commercianti che in tempo di crisi non si abbattono ma cercano coraggiosamente di investire in tecnologia e cultura per risollevare le sorti proprie e del territorio.
E’ lo stesso spirito con cui Alice e Francesco (vedi foto) lei di Aosta e lui di Milano, trasferitisi da poco in Francia per fare impresa (artigianato, arredamenti e riqualificazioni), tornano in Italia e ti dicono “ad Expo2015 noi ci saremo di sicuro … è un evento che non vogliamo perderci in alcun modo anche se ci vien da ridere perché ogni volta che torniamo in Italia la connessione internet che abbiamo sparisce e onestamente ci chiediamo come si possa vivere un evento tale senza una soluzione generale a questo”
E’ lo stesso spirito con cui Valentino e soci parlano di Napoli, la città dove fanno impresa “come va da noi? Ma che vuoi che ti dica… si decide di fare un’isola pedonale senza ragionare sulle vie di accesso, senza pensare al potenziamento dei mezzi pubblici o a qualche area parcheggio limitrofa”
E’ lo stesso spirito con cui, tornando a Milano leggi della prossima assemblea regionale di Confapi Lombardia “Nutrire le imprese, energia per il lavoro – dice entusiasta Franco Colombo che dell’Organizzazione ne è il Presidente – perché ad Expo ci credo, eccome se ci credo ma occorre capire che serve un regime fiscale ad hoc, perché rilanciare Expo2015 significa sostenere imprese e lavoro, rimettere in moto la locomotiva del Paese che poi traina tutto il resto. Serve una specie di zona ad iva agevolata come fanno in Grecia d’estate e una zona ad Imu e Tares ridotte per le attività…”.
Insomma come ti giri ti giri, per l’Italia il disfattismo non appartiene a nessuno.
Per questo anche in questo week end resto convinta che il compito più importante sia quello di Giuseppe Sala e che con gli opportuni aggiustamenti sulla comunicazione, scoprirà di non essere per nulla solo nella sua tenacia.
E’ un fatto che gli italiani all’estero cominciano a partecipare ad un’opera di comunicazione pro Expo2015 sui social network; è un fatto che diverse fondazioni culturali e scientifiche d’Europa sono disponibili a dare il proprio contributo; è un fatto che ci sia tanto ottimo management italiano all’estero a cui poter chiedere di spendersi anche su Expo.
E’ un fatto che vi sono diverse associazioni del territorio interessate a ragionare di una regia comune per il no profit in vista di Expo immaginando un fondo unico in cui coinvolgere fondazioni d’impresa, bancarie e culturali.
Forse è proprio vero che esiste un distacco notevole tra politica e società, quando i Parroci di alcune Chiese di Monza, come a Bologna e a Napoli vanno dicendo “hanno scritto che Papa Francesco ha aperto a chi è omosessuale, hanno scritto una cosa falsa per il semplice fatto che la Chiesa non ha mai chiuso le porte a nessuno e il nostro Papa l’ha ribadito una volta di più”.
Pare proprio che nel Paese, al contrario del sistema dei partiti e delle loro vicende interne, in Padania come a Roma, il senso di unità e coesione sia forte, e forse questa è la vera ricchezza a cui l’Italia può attingere per costruire un futuro migliore ed un Europa più forte.
E tuttavia pragmatismo, coesione e unità senza stabilità e obiettivi chiari (pochi magari ma chiari ed effettivamente condivisi) possono ben poco.