Apologia di SocrateL’ossessione dell’Evasione

Guardo la copertina dell’Espresso e penso: ma guarda, quasi mi mancava un po’ di sana retorica sull’evasione fiscale come piaga del nostro paese. Poi ascolto il direttore del giornale(qui il video)...

Guardo la copertina dell’Espresso e penso: ma guarda, quasi mi mancava un po’ di sana retorica sull’evasione fiscale come piaga del nostro paese. Poi ascolto il direttore del giornale(qui il video), che non si fa mancare nulla, dal nesso diabolico tra l’evasione fiscale e un’anomala elevata diffusione dei contanti, a quello tra evasione e pressione fiscale all’insegna del pagare tutti pagare meno, per non parlare della temibile e imbattibile lobby del contante e alla fine penso che no, di certi discorsi non si sentiva proprio la mancanza.

Devo premettere che come lavoratore dipendente non ho alcuna simpatia per gli evasori e che ho sempre preferito i pagamenti elettronici per motivi di comodità e sicurezza (se perdi la carta la blocchi, se perdi i contanti amen). Quello che proprio non mi va giù sono i ragionamenti campati per aria, fatti a bella posta per prendere in giro la gente e per polarizzarne le emozioni pro o contro una parte politica. A questo proposito poche cose come l’evasione fiscale sono di continuo strumentalizzate a bella posta, approfittando della voglia delle persone di tifare contro un nemico e della scarsità di occasioni per riflettere qualche minuto su quanto siano sensate o meno talune argomentazioni.

A dire il vero io un po’ di riflessioni di buonsenso le ho esposte in passato e le ripropongo per chi ha voglia di andarsele a leggere (si trovano qui e qui).Per il resto proviamo a impiegarli 5 minuti di tempo per smontare 4 argomenti che non reggono la prova del buonsenso:

1. L’evasione è possibile perché ci sono troppi contanti
2. c’è un nesso tra elevata evasione ed eccessiva pressione fiscale
3. La lobby degli evasori cattivi è più forte di chi fa il suo dovere e paga le tasse
4. l’evasione è uno dei problemi principali del paese

Il nesso tra contanti ed evasione è insidioso perché muove da premesse assolutamente inoppugnabili: è ovvio che chi svolge attività illegali sia costretto a movimentare contanti piuttosto che mezzi tracciabili, come pure è universalmente riconosciuto che sia opportuno porre attenzione sui movimenti di contante rilevanti proprio perché potrebbero avere una provenienza illecita (si vedano le varie normative antiriciclaggio presenti ovunque nel mondo). Chiarito questo, sostenere che limitare la circolazione in contanti possa essere utile per combattere l’evasione fiscale è tutt’altro discorso e a ben guardare, molto meno (quasi per niente) fondato.
Qualsiasi intervento in termini di legge volto a limitare la circolazione dei contanti incontra due reazioni:

A. chi opera nel circuito parallelo dell’illegalità, se ne infischia della legge come ha sempre fatto
B. chi operava nella legalità usando contanti è costretto a sostenere maggiori costi o a inventarsi modi creativi (es spezzare una transazione in 2-3 parti, usare buoni acquisto, carte fedeltà che accumulano credito etc)

A che serve allora intervenire sui contanti contro l’evasione? A niente. Ragionando in modo veramente teorico, per rendere la vita più difficile agli evasori occorrerebbe eliminare del tutto i contanti, poiché in quel caso diventerebbe più rischioso riutilizzare i proventi dell’evasione. Tuttavia è tecnicamente impossibile farlo (per non dire quanto sarebbe lesivo della libertà e invasivo nei confronti della privacy) poiché qualsiasi bene o semplice record di memoria elettronico può assolvere alla funzione di moneta e non è possibile dedicare un finanziere al controllo di ogni cittadino 24 ore su 24. Nella misura in cui la moneta non si può eliminare del tutto (a meno di non voler istaurare una dittature senza precedenti nella storia) limitarne la circolazione non ha effetti pratici contro le evasione e si traduce in maggiori costi per chi le tasse le ha sempre pagate.
Questo per smontare la storia dei contanti, di cui mi ero occupato anche in questi 2 post link 1 e Link 2

Più in generale pensateci un attimo: chi è che evade? Il lavoratore dipendente no di certo perché non può. Le imprese medio-grandi neanche perché troppo articolate per organizzare una efficace gestione del nero. Anche chi lavora con imprese medio grandi o con la pubblica amministrazione non può evadere, perché si tratta di clienti che pretendono sempre una fatturazione integrale. Inoltre chi commercia in beni fisici ha dei limiti alla possibilità di evadere (da qualche parte li ha acquistati, talvolta dall’estero). Chi rimane?

I piccoli commercianti, tecnici, artigiani e lavoratori autonomi e chi opera come “dipendente” venendo pagato, in tutto o in parte, in nero. Pensate che la piccola salumiera che fa transazioni medie da 20-30€ farà uno scontrino in più se ci sono misure sulla circolazione di contanti? O che la baby sitter o il prof che fa ripetizioni in casa o il leggendario idraulico si decideranno a fatturare? Non scherziamo, siamo in Italia e un modo per spendere i contanti incassati in nero state sicuri che lo trovano. Chi vi dice il contrario o non ci ha ragionato 30 secondi oppure è in malafede.
Uno studio serio su cosa potrebbe determinare la differenza tra noi e gli altri paesi in tema di evasione fiscale lo trovate a questo link e con dovizia di particolari e numeri si argomenta che è proprio la numerosità dei contribuenti autonomi sul totale dei lavoratori a spiegare bene la differenza tra noi e gli altri paesi. Altro che contanti.

L’altra cattiva idea è che riducendo l’evasione si potrebbe abbassare la pressione fiscale. Ragionamento assolutamente teorico e privo di fondamento pratico per non dire di contatto con la realtà. Secondo voi esiste una qualche torta predefinita di tasse da pagare, per cui se Gino non paga la sua fetta, tutti gli altri devono pagare di più? Non è affatto così. Quello che esiste e si può osservare nel tempo è una spesa pubblica cresciuta negli anni in parte per motivi di opportunità politica, e in parte per mutamenti intervenuti nella struttura della società (si osserva in tutti i paesi sviluppati). Al crescere della spesa, si è cercato di finanziarla prendendo i soldi dove possibile ossia aumentando le tasse o (purtroppo facendo debito). Quindi è falso che il livello elevato d’imposte dipende da quanta evasione esiste poiché la determinante principale del livello complessivo di imposte richieste dallo stato è la spesa da finanziare.
In merito all’argomento fuorviante che, mantenendo invariata la spesa, si potrebbe ridurre il livello facendo pagare un più ampio numero di persone occorre opporre considerazioni più articolate. In primo luogo gli evasori totali non sono la componente più rilevante del problema per ovvi motivi: non è pensabile che soggetti totalmente ignoti al fisco svolgano un ruolo rilevante nell’economia. Gran parte dell’evasione dunque è portata avanti da soggetti che non pagano tutte le tasse che dovrebbero.

Cosa possiamo fare contro costoro? Teniamo conto che le imposte si traslano, come ben spiegato in questo articolo da noisefromamerika. Se oggi pago 100 di affitto a una persona che non paga tutte le tasse su questa somma, se fosse costretta a pagare tutte le tasse, è plausibile che cercherebbe di scaricare su di me una parte del suo onere. Pertanto combattere l’evasione, comporterà sicuramente oneri aggiuntivi per i consumatori finali oltre che per gli attuali evasori. Più in generale, pagare maggiori imposte disincentiva l’attività economica per cui è plausibile che combattere l’evasione avrebbe anche effetti recessivi.
Quando vi raccontano che ridurre l’evasione potrebbe contribuire ad abbassare la pressione fiscale ricordate allora che

  • il livello complessivo della pressione dipende dalla spesa, non dall’evasione
  • una parte delle imposte “emerse” finisce a carico dei consumatori finali
  • pagare maggiori tasse deprime l’attività economica

Con questo non si vuol dire che perseguire l’evasione non sia un necessario e legittimo atto di legalità e di giustizia sociale, solo che è una pietosa bugia pensare che possa servire in qualche modo a ridurre le tasse. Ne avevo già scritto qui.

Che sia poi la lobby degli evasori a impedire efficaci provvedimenti o che l’evasione sia uno dei mali principali del paese sono chiaramente argomenti demagogici con finalità di propaganda politica. Pensateci: esiste una lobby degli evasori? Che raggruppa Cinzia la baby sitter, Ezio il prof in nero, Marco l’idraulico, Giorgio il ragioniere? Vi sembra che tirando una riga tra destra e sinistra, per dire, gli evasori stiano tutti da una parte sola? Soprattutto che siano così politicamente forti da battere numericamente le grandi imprese, i dipendenti pubblici e altre catergorie a evasione molto bassa come notai, farmacisti e professionisti dal fatturato elevato?

Non è così, non esiste una lobby degli evasori, esiste una classe politica incapace e connivente che non è in grado di allineare il nostro paese a quelli civili in tema di capacità di far pagare le tasse ai cittadini e inventa nemici leggendari, come l’evasore cattivo, per distogliere la nostra attenzione dal suo fallimento. Questo si riflette anche nell’enfasi data alla lotta all’evasione.

Pensateci, quali sono i problemi del nostro paese? La scarsa occupazione, il bassi investimenti delle imprese che la determinano, la difficoltà di ottenere credito dalle banche e ultima, ma non per importanza, la burocrazia e il cattivo funzionamento della pubblica amministrazione. Quale di questi problemi pensate trovi una cura nella lotta all’evasione fiscale?

La morale della favola è che il paese va a rotoli, peggiora sotto tutti i principali indicatori di benessere e la classe dirigente incapace anche solo di comprendere l’origine dei problemi, figuriamoci di porvi rimedio, cerca di distrarre l’attenzione dei cittadini dal proprio fallimento. La retorica della lotta all’evasione è uno di queste armi di “distrazione di massa”

@massimofamularo

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