“Non si sfugge al giudizio di Dio e della storia” ha gridato Papa Francesco invocando la pace nella martoriata Siria. Sulla via di Damasco San Paolo si convertì, folgorato dalla luce del Signore. Ma il Signore sembra che si sia dimenticato dei suoi figli siriani che soffrono due anni di dolore e sofferenze.
Sulla guerra civile siriana si legge e si dice di tutto. In molti, in troppi credono di aver capito tutto, guardando il mondo attraverso un computer. Hanno già trovato il colpevole e la soluzione. La diplomazia internazionale si è incartata in giochetti deprimenti e interessi ed egoismi geopolitici si contrappongono. L’Occidente ha alzato la voce ma sembrava il cane Snoopy quando fingeva di ululare. I vari Ponzio Pilato hanno trovato ognuno una scusa per lavarsi le mani. La discussione sull’intervento è prossima ad essere archiviata. Non si parla più neanche di conferenze di pace e di aprire trattative.
Intanto in Siria, come sempre, come in ogni sporca guerra, si sta giocando a Risiko sulla pelle degli innocenti. Centomila morti in due anni. Ogni settimana, dice l’Unicef, settantadue bambini volano in Paradiso. E non sempre per le armi, in molti muoiono di fame e di sete. Otto milioni di profughi, quasi la metà della popolazione, hanno lasciato la loro patria. Qualcuno sale su un barcone e sbarca in Sicilia. La maggioranza cerca protezione nei Paesi vicini: Giordania o Turchia, attraverso viaggi avventurosi, sotto la minaccia di un cecchino o di una bomba. Qualcuno resta, passeggiando fra città polverizzate, case diroccate, sognando una quotidianità che non ritorna.
Shady Hamadi è il più famoso “siriano d’Italia”. Scrittore, ha un blog sul Fatto Quotidiano dove lotta per squarciare il silenzio. Ma anche lui sembra rassegnato all’indifferenza e alla freddezza del mondo. Il 22 agosto ha scritto: “I siriani non vi chiedono più di indignarvi: hanno capito che non ci riuscite”. L’8 luglio, un altro appello disperato: “Siria, siamo passati di moda”. Sul suo blog racconta storie e vicende dalla sua patria insanguinata: gli abitanti assediati di Homs che resistono con l’ironia e creano una soap opera satirica su Youtube.
La Siria prova ad urlare attraverso Internet, in piccole pagine semisconosciute: in lingua italiana c’è “Informare per Davvero” che riporta ogni giorno le ultime dal fronte. In ogni foto c’è strazio e dolore. Bambini denutriti, famiglie disperate, torture, morte. A volte qualche sorriso di una foto scattata in tempo di pace: sono i giovani attivisti scomparsi, rapiti, sequestrati, arrestati, umiliati, violentati, picchiati, talvolta uccisi. La storia del piccolo Nabil commuove chiunque abbia ancora un cuore: il bambino mostra alla fotocamera della reporter un gattino che conserva con amore in una scatola; racconta che è l’unico sopravvissuto di una cucciolata uccisa, insieme alla mamma, durante un bombardamento. La storia di Nabil l’hanno letta si e no tremila persone (tanti sono i fan della pagina), una goccia nell’oceano.
I siriani sono soli e dimenticati da tutti. La loro guerra, la loro sofferenza non interessa a nessuno. Qualcuno ha avuto un sussulto di dignità solo qualche giorno fa, quando ha visto le foto dei cadaverini asfissiati dal gas. Ma in molti, anche su quei corpi che invocano vendetta, hanno iniziato a battibeccare: li ha uccisi il macellaio Assad o i sempre-cattivi Americani? È stata la Russia o Israele? Sono veri o finti? Neanche un attimo di pietà, di silenzio, di raccoglimento. Dov’è finita la nostra empatia? Dov’è finita la nostra sensibilità? Dov’è finita la nostra capacità di distinguere i caduti siriani con i morti di Word of Warcraft, popolare gioco di guerra online?