Libertà è partecipazioneNiente ritorni, il centrodestra ha bisogno di evolversi

Finite le vacanze estive, l'attività politica torna ad essere al centro delle cronache e dei pensieri di chi, suo malgrado, è afflitto da una malattia incurabile: l'amore per la politica, appunto. ...

Finite le vacanze estive, l’attività politica torna ad essere al centro delle cronache e dei pensieri di chi, suo malgrado, è afflitto da una malattia incurabile: l’amore per la politica, appunto.
Dunque, ricapitolando la situazione attuale, non è cambiato molto rispetto al periodo antecedente la pausa estiva: il Pd è alle prese con i riposizionamenti in vista del congresso (in molti hanno deciso di salire sul carro di Renzi); il governo è claudicante: la sentenza di condanna nei riguardi di Berlusconi ha messo in serio pericolo la vita dell’esecutivo, ma ora (pare) sia tutto rientrato; il centrodestra è alla ricerca di un’identità: da una parte il quasi certo ritorno di Forza Italia, dall’altra i vari convegni organizzati dalla componente ex An, che dopo le batoste elettorali delle politiche e amministrative ha deciso di tornare a discutere dell’eventuale “ritorno a Itaca”.

Ed è proprio questo fenomeno che dovrebbe essere analizzato: l’eterno ritorno del passato; l’eterno ritorno a ciò che è stato per mascherare i fallimenti. Nel centrodestra di casa nostra si è deciso di rimettere insieme i cocci di un qualcosa che ha fatto flop, piuttosto che cercare di evolversi con un’occhiata verso le democrazie occidentali più evolute (Usa e Gran Bretagna su tuttie).
Chi auspica la rinascita di Forza Italia e Alleanza Nazionale in chiave 2.0, ha già sbagliato in partenza, essenzialmente per due motivi: sono simboli e marchi vecchi, che trovano consenso solo tra i nostalgici – basti pensare che i diciottenni di oggi (nati nel 1995) difficilmente conoscono la storia e le idee di due partiti nati con loro, morti durante l’adolescenza e ora in procinto di rinascere quando sono è diventati adulti; i ritorni non funzionano mai: ce lo insegna lo sport, la minestra riscaldata non è mai buona.
Inoltre, l’offerta politica di cui il Paese ha bisogno non è il programma demogogico, che ha come obiettivo quello di parlare alla pancia dell’elettore. Qualche giorno fa abbiamo avuto la dimostrazione: alcuni esultavano per “l’abolizione” dell’Imu, ma la tassa non è stata cancellata, è stato deciso di renderla più trendy con un nome anglofono.

Quindi di cosa ha bisogno il centrodestra per tornare ad essere competitivo? Si può riassumere in tre parole: coraggio, idee e cultura.
Quello che dovrebbe essere lo schieramento liberale e conservatore non ha mai dimostrato un grande coraggio. Il coraggio che servirebbe per dire a Berlusconi:”Silvio, grazie di tutto, ma adesso è ora che tu ti faccia da parte”. Lo stesso che si sarebbe dovuto utilizzare quando l’ex premier faceva figuracce a livello internazionale; quando diceva che Ruby fosse la nipote di Mubarak; quando si scagliava contro la magistratura e il capo dello Stato; quando, durante le camapagne referendarie del 2011, non ci si è schierati apertamente contro i referendum.
Il coraggio che è utile quando si devono presentare alcune idee. Certo è che negli ultimi anni il centrodestra non si è contraddistinto per le proposte politiche. Si è preferito soffermarsi sulla vita giudiziara del leader, senza offrire all’elettore medio una visione del mondo liberale, che metta al centro l’individuo contro lo strapotere dello Stato. Una visione, insomma, che potesse essere nettamente contrapposta a quella socialdemocratica del Pd e Sel. Le occasioni ci sono state, ma non sono state sfruttate, ricordiamo – ancora una volta – i referendum sull’acqua nel 2011; le mancate liberalizzazioni, privatizzazioni e riforme.

Tutto ciò è riconducibile alla paura della perdita del consenso e alla mancanza della cultura politica. L’elettore che ha scelto il centrodestra negli ultimi vent’anni, non lo ha fatto per sostenere alcune battaglie, ma per amore – platonico? – nei confronti di Berlusconi e per questo la destra berlusconiana non ha mai avuto l’interesse e la volontà di farsi portatrice di proposte che avrebbero potuto contribuire a cambiare l’assetto istituzionale e sociale del Paese.
Ad esempio i referendum dei Radicali non sono supportati perchè è giusto farlo, ma perchè nell’ottica della propaganda berlusconiana conviene farlo.

Ecco perchè il centrodestra dovrebbe evolversi e non tornare indietro. Vent’anni di berlusconismo ci hanno insegnato che senza cultura e proposte e con il solo culto del leader non si va da nessuna parte.
L’evoluzione sta nel promuovere idee e attività autenticamente liberali. Lo si può fare, il mondo liberale è vivo, ha tanti interpreti capaci che attualmente sono divisi o preferiscono rimanere nella penombra.
Si metta fine a questa specie di autoostracismo, si metta in piedi una “cosa blu” che contamini la società e la politica italiana.

Si dia il via alla crescita.

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