Anita Elberse, docente dell’Harvard Business School, si è chiesta come Sir Alex Ferguson, l’allenatore più vincente di sempre, abbia fatto a raggiungere e mantenere il successo, quali principi e strategie abbiano permesso al manager scozzese di costruire uno dei club economicamente più solidi e calcisticamente più forti del calcio moderno.
Nel corso dell’ultimo anno lo ha intervistato, ha ascoltato collaboratori e giocatori, ha osservato allenamenti e partite, ha origliato conversazioni nei corridoi, ha invitato lo stesso Ferguson ad Harvard, a fornire il suo punto di vista ed a prestarsi alle domande degli studenti.
Il risultato è la “Ferguson’s formula”, otto punti la cui validità trascende l’ambito calcistico, essendo applicabili nel business, e nella vita.
1. Investi sui giovani: questa è la differenza tra costruire una squadra e costruire un club
Appena arrivato a Manchester, Ferguson recluta i migliori scout: il suo obiettivo è quello di costruire un club, e il miglior modo per farlo, è quello di partire dalle fondamenta: nel vivaio dello United arrivano (e crescono) futuri campioni del calibro di Beckham, Giggs, Neville e Scholes, la spina dorsale della squadra che dominerà Inghilterra ed Europa negli anni a cavallo tra i ‘90 e il 2000. In barba al vecchio adagio, per il quale “You can’t win anything with kids”.
Il primo pensiero di chi ricopre ruoli di responsabilità è raggiungere successi immediati, per questo acquista giocatori di esperienza, o si affida ad architetti affermati, dipendenti rodati: la società è schiava dei risultati. Sono sufficienti pochi risultati negativi per essere licenziato. Vincere subito è un successo sul breve periodo, ma solo costruire un team porta stabilità. Tale approccio supera il rapporto professionale, permettendo di creare legami, che diventano spirito di squadra.
“Il mestiere dell’allenatore, come quello dell’insegnante, è quello di motivare le persone a migliorare: tecnicamente, mentalmente, come persone, così potranno ottenere qualsiasi cosa nella loro vita”.
Concedere occasioni ai giovani, non solo fa guadagnare sul lungo periodo, ma crea lealtà. Una volta realizzato che il manager per loro, ne accetteranno i metodi. Non si può neppure immaginare quanto riusciranno a sorprendere, dando loro attenzioni e opportunità.
2. Osa per rinnovare, non c’è spazio per la riconoscenza
“Immaginavamo i nuovi arrivi tra tre anni, e, poi, i giocatori che avevamo già, tra tre anni. Alcuni giocatori possono mantenere standard altissimi per un lungo periodo, ma l’età conta. La cosa più difficile è lasciar andare via calciatori che sono, prima ancora, grandi persone, ma è tutto lì, sul campo: se noti una flessione, devi chiederti cosa accadrà da qui a due anni. Non può esistere riconoscenza”.
Ferguson ha sempre lavorato per rinnovare: nei suoi anni all’Old Trafford ha costruito 5 diverse squadre, tutte capaci di vincere trofei. Le sue decisioni erano guidate da una profonda conoscenza del ciclo dell’intero club e del singolo giocatore: gestire i processi di sviluppo inevitabilmente comporta tagliare validi collaboratori, compresi veterani leali.
“Lui non guarda mai al presente, ma sempre nel futuro, sa cosa bisogna rafforzare e cosa rinnovare”. Ryan Giggs
L’analisi economica dei trasferimenti ha rivelato la capacità di “portfolio manager” di talenti: strategia, razionalità e sistematicità. Negli ultimi dieci anni, nei quali il Manchester United ha vinto per cinque volte la Premier League, Sir Alex ha speso meno dei suoi rivali, utilizzando la migliore strategia possibile nel management delle risorse umane: ai giovani è stato offerto tempo e ambiente ideale per avere successo, i più vecchi sono stati venduti quando erano ancora “assett di valore”, e alcuni veterani sono stati tenuti per garantire la continuità e trasmettere la mentalità vincente ai nuovi.
3. Fissa standard elevati, e sprona tutti a raggiungerli
Sir Alex parla con passione del trasmettere valori: più che migliorare dal punto di vista tecnico, vuole motivare a far meglio e a non arrendersi mai.
La sua voglia di vincere deriva in parte dalla sua esperienza: “Le avversità mi hanno lasciato una determinazione che mi ha cambiato, mi sono ripromesso che non avrei mai mollato”. Determinazione è quello che cerca in chi lo affianca. Nel corso degli anni la voglia di non arrendersi diventa contagiosa: gli stessi giocatori non accettano compagni che non danno tutto; il lavoro sulla mentalità permea tutto l’ambiente.
“Tutto quello che ho fatto è stato mantenere gli standard fissati. Non ho mai permesso una cattiva sessione di allenamento: quello che si vede lì, si riflette nel campo di gioco. Intensità, concentrazione, velocità, alti livelli di performance”.
Il manager deve pretendere di più dalle star, devono dimostrare di esserlo: sono preparati a lavorare più duramente, ecco perché sono i più validi. Un grande ego non è un problema come la gente potrebbe pensare: chi ne è dotato deve vincere perché solo questo lo appaga.
“Ronaldo, Giggs, Beckham, Scholes, dovevo inseguirli per farli smettere di allenarsi, sapevano che essere un giocatore dello United non è un lavoro facile”.
4. Mai, mai, cedere il controllo
Non si può perdere il controllo, non quando ci si rapporta con un gruppo di persone al top nella propria professione. Se qualcuno di loro vuole ottenere più spazio, bisogna affrontarlo. Una parte importante nel mantenere la propria autorevolezza è rispondere con forza quando qualcuno la mette in dubbio: chi crea problemi viene multato; chi crea problemi che possono minare le performance degli altri, viene cacciato, fosse pure il migliore al mondo. Rispondere con forza è necessario, ma non sufficiente, rispondere velocemente, è altrettanto importante, per mantenere saldo il controllo.
Così si è comportato Ferguson quando Roy Keane, storico capitano, ha criticato i propri compagni, così ha fatto l’anno seguente con Van Nisterlooy, il bomber della squadra, non appena ha iniziato a creare problemi nello spogliatoio.
Mantenere la disciplina non serve a provare la propria forza, ma a mantenere il controllo, e, quando le situazioni lo richiedono, bisogna saper essere autoritari.
5. Adatta il messaggio al momento, la comunicazione è importante
Quando è il momento di comunicare le decisioni, Ferguson, forse sorprendentemente per un manager con la reputazione di rude ed esigente, adatta le sue parole alla situazione. Se deve comunicare ad un giocatore che si aspetta di giocare dall’inizio che non sarà in campo, lo fa privatamente: “Potrei sbagliarmi, ma credo che questa sia la soluzione migliore per il team, oggi”. Tenta sempre di non demoralizzarlo, dicendo che si tratta solo di una scelta tattica, e che arriveranno occasioni più importanti. Durante gli allenamenti enfatizza gli aspetti positivi, nonostante i media raccontino spesso delle sue sfuriate negli intervalli.
Poche persone migliorano con le critiche, la maggior parte migliora con gli incoraggiamenti: non c’è nulla di più appagante del sentirsi dire “Ben fatto”. Allo stesso tempo, bisogna evidenziare gli errori, quando non si raggiungono le aspettative: in quel momento, le critiche diventano importanti.
Essere troppo morbidi nel linguaggio, verbale e non, non fa raggiungere gli obiettivi: è necessario incutere timore. Essere troppo duri, allo stesso modo, non serve: se dipendenti e collaboratori sono spaventati, non otterranno buoni risultati.
“Prima della partita mi piace fare riferimento ai valori della working-class; non tutti provengono da lì, ma i loro padri, o i loro nonni, sì. È utile ricordare ai giocatori quanta strada anno fatto. Dico loro che impegnarsi e far bene il proprio lavoro è importante: sembra colpisca il loro orgoglio”.
6. Prepara a vincere
Ogni situazione possibile deve essere studiata e le contromosse preparate in anticipo: il metodo è più importante del coraggio della disperazione.
Le statistiche dimostrano che lo United è la squadra inglese che ha ottenuto più vittorie negli ultimi 15 minuti. Gli intervalli di fuoco e le giuste sostituzioni sono importanti, ma non riescono a spiegare tutto.
Spesso gli allenatori mandano avanti i propri giocatori negli ultimi minuti, Ferguson, no. Lui prepara a vincere: negli allenamenti spiega cosa fare se serve un goal in 10, 5, o 2 minuti. Non c’è bisogno di urlare quel messaggio; la perseveranza, il non mollare mai è nel DNA del team, è stato costruito col tempo, con l’esempio, instillato giorno per giorno.
“Se perdi e Sir Alex crede tu abbia dato il massimo, non è un problema; ma se perdi stando in campo molle … allora stai attento alle tue orecchie!” Andy Cole
7. Fai affidamento sul potere dell’osservazione
Quando ha iniziato ad allenare, Ferguson era un accentratore, non lasciava spazio al proprio staff. Crescendo, ha delegato in misura sempre maggiore gli allenamenti agli assistenti, non rinunciando mai ad essere presente e ad osservare. Il passaggio da allenare a osservare permette di valutare meglio le performance di tutti i singoli, notandone i cambiamenti, le energie e l’impegno.
Ciò che importa, nel delegare, è fidarsi dei propri collaboratori e lasciar loro fare il proprio mestiere. È diverso dal perdere il controllo: supervisionare e decidere, questi punti rimangono fermi; ciò che cresce, è la capacità di valutare, si arrivano a notare cambiamenti psicologici che influiscono sul rendimento, e questo aiuta a conoscere meglio le persone con cui si è a contatto.
8. Non smettere mai di adattarti
Adattarsi ai cambiamenti non è mai facile, e lo è ancora meno quando si è al top per molto tempo.
Intuire, prima dei competitor, gli effetti positivi di metodi ed approcci nuovi, utilizzare professionalità di altri campi, se queste possono servire a migliorare le performance, o gestire meglio le risorse, è sintomo di grande intelligenza, e apertura mentale.
Già negli anni ’90 Ferguson ha fatto ricorso a un team di scienziati dello sport, e, seguendo le loro indicazioni ha somministrato vitamina D ai propri giocatori, per sopperire alla mancanza di sole di Manchester, o, ancora, ha utilizzato sensori GPS per analizzare le performance a venti minuti dalla fine dell’allenamento. Insegnanti di yoga, chirurghi per le piccole operazioni, optometristi: tutto ciò che poteva servire al team, è stato utilizzato senza timore, e paraocchi.
Bisogna vincere, non esistono altre opzioni, e, per vincere, si devono testare tutti i mezzi che permettono di migliorare. Continuare a lavorare duro, considerare ogni traguardo come il primo, garantirsi sempre più chance per quello successivo, questo è il metodo dei manager, di quelli di successo almeno.
Manager di successo, Sir Alex, sicuramente lo è stato, ma spesso lo si riduce all’aver avuto la miglior squadra, o il denaro necessario, sottovalutando tutti gli altri fattori alla base delle vittorie: staff di prim’ordine in cui riporre la propria fiducia, capacità di analisi e osservazione, occhio fisso al bilancio, necessità di prendere decisioni difficili, attenzione all’aspetto psicologico.
La gestione di un club, di un’azienda, o di un condominio, è un’operazione complessa: entrano in gioco molte variabili che un osservatore disattento può considerare secondarie, ma, che, insieme, fanno la differenza tra una storia di successo, e il fallimento.
Le vittorie ottenute derivano dal metodo che Ferguson ha studiato e affinato negli oltre trent’anni di carriera, la “Ferguson’s Formula”, che, senza timore di essere blasfemo, considero erede, aggiornata e corretta de “L’arte della Guerra”, solo che, a tre millenni di distanza, il campo da guerra, è il campo da calcio; l’Old Trafford, per la precisione.
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