A piedi nudiCon Lucina Di Meco attivissima segretaria PD a New York

C’è un circolo a New York che funziona alla “grande”. E’ il circolo del Pd. A guidarlo da qualche mese è l’infaticabile Lucina Di Meco, sanremese, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche ...

C’è un circolo a New York che funziona alla “grande”. E’ il circolo del Pd. A guidarlo da qualche mese è l’infaticabile Lucina Di Meco, sanremese, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Torino e con un Master in Economia dello Sviluppo nella University of East Anglia (UK). Lucina vive da oltre 10 anni fuori dall’Italia e si occupa di diritti delle donne nella cooperazione allo sviluppo. Dopo essere stata in Messico, dal 2006 vive a New York e da maggio di quest’anno è diventata Segretaria del locale Circolo PD. La sua frenetica attività mi ha incuriosito. L’ho cercata. Ci siamo parlate e naturalmente ne è nata un’intervista.

Lucina come avete vissuto questa recente crisi politica?

Credo che per la maggior parte degli italiani all’estero la crisi di governo sia stata vissuta con grande angoscia. Per quanto molti di noi nutrano grandissimi dubbi quanto all’opportunità di continuare con le larghe intese, nessuno era entusiasta all’idea di tornare al voto senza aver approvato la legge di stabilità e senza una nuova legge elettorale. Sventata la crisi, speriamo davvero che il governo si metta al lavoro innanzitutto per rispondere a queste due priorità.

E’ difficile fare la politica italiana in un Paese completamente diverso dal nostro?

Gli italiani all’estero rappresentano un’enorme risorsa per il nostro Paese, non solo per i loro know how professionali, ma anche per le loro esperienze di vita in Paesi diversi con molte cose da insegnare all’Italia. Il voto di questi italiani (di vecchia e nuova immigrazione) è importantissimo e nelle elezioni politiche del 2006 è stato proprio questo voto a far muovere l’ago della bilancia in favore del Partito Democratico. Per questo, è non solo possibile ma necessario fare politica per l’Italia all’estero, al fine di dare voce alle necessità degli italiani che vivono fuori dal nostro Paese e allo stesso tempo “sprovincializzare” la politica italiana grazie ai loro input.

I problemi sono diversi…cosa cambieresti in quelli che vivi nelle tue giornate e cosa cambieresti in quelli italiani?

Sì i problemi sono diversi ma spesso convergenti. La disuguaglianza è un problema di grande rilevanza negli Stati Uniti e lo sta diventando sempre di più anche nel nostro Paese. La mancanza di mobilità sociale è un fenomeno che fino a pochi anni fa si considerava prevalente da noi ed è ora invece molto accentuato anche qui.

Detto questo, negli Stati Uniti esiste una forte fede nel futuro e nelle opportunità che questo può portare. Il sogno americano è scalfito, ma ancora presente nelle menti e nei cuori di moltissimi americani. E’ un sogno, però, principalmente individuale, che tende a far cadere tutto il merito del successo (e il peso dell’insuccesso) sull’individuo. Questa è una visione della società che mi pare limitata e pericolosa perché destinata a lasciare indietro una larga fetta della popolazione.

In Europa e in particolar modo in Italia, esiste invece una consapevolezza fin troppo forte della limitatezza dell’individuo e quasi una convinzione della sua impossibilità di avere successo, se non in un contesto sociale favorevole. Il nostro è un Paese depresso, che non ha fiducia in se stesso, dove non solo i padri ma anche i figli non credono nella meritocrazia e hanno quindi smesso di sognare e provare a cambiare le cose. E’ una società, la nostra, che non sa neanche da dove iniziare a sfruttare il suo potenziale.

Essere donna in Italia e essere donna a New York….raccontaci le differenze, i vantaggi o gli svantaggi

Negli Stati Uniti, lo scrivo spesso sul mio blog Little Light Lab, la società è molto più ugualitaria dal punto di vista di genere. Le coppie dividono di più i compiti domestici, le donne lavorano di più fuori di casa e i modelli femminili proposti dai media sono più vari e direi positivi che da noi. D’altro canto, proprio a causa di una visione della società come addizione di individui e non come congiunto, la scelta della maternità non è appoggiata da politiche pubbliche di sostegno. Non esistono permessi di maternità obbligatori, ne’ asili pubblici. Tutto il peso della maternita’, insomma, ricade sulle donne e le loro famiglie, per cui avere figli sta diventando sempre di piu’ un lusso per poche e sempre meno un diritto per tutte.

In Italia ci sono tante emergenze. Quella più grave per le donne è rappresentata da tutti questi omicidi accaduti negli ultimi tempi. Come e in che modo, secondo te, si dovrebbe controllare e prevenire questo terribile fenomeno attuale?

Il numero di femminicidi avvenuti in Italia negli ultimi anni è certamente drammatico e giustifica pienamente che il fenomeno venga trattato con carattere di urgenza. Come ho scritto sul mio blog, credo che potremmo imparare qualcosa da alcune migliori pratiche americane quanto a prevenzione dei femminicidi, attraverso, per esempio, una aumentata coordinazione tra forze dell’ordine, centri di accoglienza e programmi di recupero per i violenti. Detto questo, è importante riconoscere che la violenza di genere nasce come problema culturale, per cui non verra’ pienamente risolta senza interventi a livello culturale, primo tra tutti l’educazione di genere obbligatoria nelle scuole.

Se tu avessi una bacchetta magica, quale situazione vorresti variare nell’immediato qui in Italia?

Vorrei che i giovani capissero che il futuro è loro e che le cose possono e devono essere cambiate, ma non cambieranno senza la loro spinta. Che tutti capissero che i politici non sono tutti uguali. Vorrei che le donne andassero a leggere i programmi dei partiti politici e rinnegassero quelli che le ignorano completamente (incredibile ma vero, due su tre dei maggiori partiti in Parlamento oggi). Vorrei che la politica diventasse la guida e il faro del Paese, non la sua palla al piede.

Lucina, tu guidi una sezione del Pd molto attiva. Leggo che vi incontrate spesso e parlate dell’Italia. Quale delle figure politiche attuali che in questo partito stanno venendo fuori ora sono più vicine al vostro modo di pensare e perché.

Il Circolo di cui sono segretaria è un laboratorio di quello che vorremmo fosse il Partito Democratico in Italia: plurale ma coeso, innovatore nel rispetto di quello che di buono è stato fatto in passato. Siamo un think tank, da cui sono uscite proposte interessanti per il PD su uguaglianza di genere e rimborsi elettorali, uno spazio di dibattito politico, ma anche il motore di campagne elettorali all’ora delle politiche. Fanno parte del Circolo giovani ricercatori che trovano qui le opportunità di finanziamento che non riescono a trovare in Italia, accademici, professionisti della finanza, ma anche immigrati venuti qui da piccoli nel dopoguerra con una forte identità comunista. Molti di noi sono estremamente critici su alcune delle scelte della dirigenza del Partito negli ultimi anni, ma quello che ci accomuna è la volontà di essere parte della “soluzione” e non del “problema” del Partito Democratico, che ancora riconosciamo come l’unica forza politica in grado di restituire all’Italia stabilità economica e dignità politica non solo a casa, ma anche sulla scena politica europea e internazionale. Siamo insomma diversi e quindi ci sentiamo affini a diversi leader politici. Detto questo, a noi piace fare politica e confrontarci a partire dai contenuti e non dai leader.

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