MarginiDi scrittori anonimi, vampiri e lottatori

Un debito di amicizia mi lega all'ambiente dell'Anonima Scrittori, un collettivo di creativi abbastanza insolito nel panorama italiano, che ha tra i maggiori animatori, tra gli altri Massimiliano ...

Un debito di amicizia mi lega all’ambiente dell’Anonima Scrittori, un collettivo di creativi abbastanza insolito nel panorama italiano, che ha tra i maggiori animatori, tra gli altri Massimiliano e Graziano Lanzidei e Stefano Tevini, e si vale della solida maestria di uno scrittore davvero eccezionale, Antonio Pennacchi (che prima o poi intervisterò qui sopra, me lo ha promesso!). L’amicizia che mi lega a loro trascende i miei interessi più specialistici, anche se ho sempre creduto che il tema della scrittura attraversi nella sua pratica da parte a parte il lavoro filosofico. Detto questo l’autore che presento è davvero un talento, e anche se non sono un critico letterario, credo che quello che scrive possa incontrare l’interesse di quanti siano in cerca di novità nel nostro panorama letterario.

1).


Caro Stefano, puoi presentarti brevemente?

Stefano Tevini, nato a Brescia nel 1981. Mi sono laureato in Filosofia a Verona nel 2004 e, poco dopo, mi sono avvicinato alla scrittura grazie al collettivo Anonima Scrittori, di cui faccio tuttora orgogliosamente parte. Per otto ore al giorno svolgo la mansione di impiegato, per il resto del tempo sottraggo ore al riposo in diversi modi : sul ring di ICW – Italian Championship Wrestling, federazione sportiva per cui combatto nei panni dell’Onorevole Beniamino Malacarne, nei peggiori bar della mia città a socializzare e a effettuare controlli a campione di diversi prodotti dell’industria del food & beverage e, visto che soprattutto siamo qui per parlare di questo, leggendo e scrivendo. Mi sembra sia tutto, più o meno, forse potrei continuare ma non sarei breve…











2.






Quanto ha inciso nella tua scrittura la filosofia?

Partiamo dalla fine. Negli ultimi anni ho studiato la scrittura, ne ho sviscerato i meccanismi prevalentemente studiando manuali di sceneggiatura e di scrittura drammaturgica, discipline che più di altre dipendono da un meccanismo narrativo ben funzionante. Bene, uno degli elementi importanti di una buona storia è una premessa chiara, forte e non ambigua. Sembra poco, ma non lo è, e in questo mi viene in aiuto tutto l’armamentario di base dello studente di filosofia. L’attitudine a definire le cose con precisione, il chiaro e distinto caro a Descartes e, prima ancora, la capacità di porsi domande. Tutto questo è importante per gettare basi solide, soprattutto quando, dal racconto breve, si passa al romanzo. Qualcuno potrebbe rincarare la dose affermando che l’analiticità tipica dei filosofi può dare profondità al testo ma ciò può essere vero come no, l’eccesso di analisi può appesantire se non gestito a dovere.











3.









 ) Cosa è per te la scrittura? Non ti sto chiedendo una teoria estetica, ma proprio cosa significa per te, quotidianamente, la pratica della scrittura

Nella maniera più semplice e diretta possibile : quello che so/devo/sono nato per fare. Vivo di storie fin da quando ho memoria. Ho sempre amato leggerne e ascoltarne, quando poi ho superato l’iniziale timore reverenziale della pagina bianca la scrittura è diventata lo sbocco naturale. Intendiamoci, l’atto fisico di scrivere non mi fa impazzire, non di rado è tedioso ma trovo sia giusto farlo. Quando leggevo, soprattutto i miei amati fumetti, pensavo che avrei tanto voluto farlo anche io. All’inizio avevo paura, non sapevo come si faceva, e questo blocco psicologico si è ripresentato quando ho cominciato a pensare di scrivere un romanzo. Poi, beh, ho firmato un contratto, mi sono esposto prima di avere in mano un prodotto finito e altro non potevo fare che buttarmi, e devo dire che sono soddisfatto. La scrittura è il mio mestiere, ecco cosa.

4) Pensi che la letteratura abbia un risvolto? Quale?

Questa domanda ha un potenziale enorme, davvero vertiginoso. Volendola prendere molto alla larga, direi che la letteratura, in quanto narrazione, di risvolti ne ha quanti ne vogliamo e, per certi aspetti, è essa stessa un enorme risvolto. Narrare è la più elementare, più naturale e più incisiva forma di metodo conoscitivo che l’essere umano ha. Conosciamo qualcosa ciò che riusciamo a nominare e a raccontare, altrimenti lo percepiamo, lo intuiamo ma non lo conosciamo né, credo, lo comprendiamo. Senza citare referenti trendy a sproposito, anche io penso che il metodo conoscitivo influenzi ciò che si va a conoscere, per questo dico che la letteratura stessa, come qualsiasi forma di espressione, finisce per essere un risvolto. Credo, per esempio, che la scarsa diffusione della scientifica sia dovuta in larga parte al fatto che non è stata trovata la forma adatta per raccontare concetti tanto difficili e chi insegna la scienza è un pessimo narratore, questo aspetto tra gli uomini di scienza è spesso colpevolmente trascurato a discapito della scienza stessa. Anche i filosofi, spesso, sono narratori penosi, diciamocelo.











5).






 Cosa hai pubblicato?


Dopo diverse pubblicazioni di narrativa breve in antologie cartacee e on line, nel luglio del 2013 è stato pubblicato il mio primo romanzo, Vampiro Tossico. Lo staff di La Ponga Edizioni, per cui ho pubblicato il libro, è rimasto colpito positivamente da alcuni miei racconti ma, visto il mercato nostrano poco ricettivo nei confronti della narrativa breve, mi è stato chiesto un romanzo tratto da uno di essi. Ambientato nei primi anni ’80, nell’Italia di Vermicino e della Milano da Pere, 
Vampiro Tossico narra delle vite di quattro ragazzi che, volendo provare uno sballo diverso in un mondo dove il morso dei vampiri, anzi, degli emodipendenti, viene venduto come droga, si ritrovano dannati a vita da una sete inestinguibile di sangue che li porta a subire l’ostracismo sociale più totale. Per rendere tutto questo sono partito dalla percezione che io, da ragazzino, avevo dei tossicodipendenti, del mito negativo che mi è stato passato. Pubblicità Progresso dai toni horror, campagne informative con il gusto dell’apocalittico e, beh, gli eroinomani stessi che quanto a immagine non eccellono hanno impresso nel subconscio della mia generazione un immaginario cupo e inquisitorio, il drogato era quello che ha preso quella strada da cui non si torna, quello fuori dai giochi una volta per tutte, e trovare una siringa al parco era peggio che trovarci una mina inesplosa. Allo stesso tempo, però, mi sembra che nell’ambiente dei tossicodipendenti attorno alla “roba” si costruisca una socialità altra, diversa ma funzionale. Vampiro Tossico è questo : quattro sfigati, soli e spaventati che si stringono attorno a loro stessi, e non sempre basta.











6.


) A cosa stai lavorando ora?

Mi sto trovando bene con La Ponga Edizioni e ci lavorerò ancora, ma in questo momento sono al lavoro con un altro editore a un progetto molto particolare, una cosa in parte nuova ma di cui posso parlare limitatamente. A livello formale e strutturale posso dire che siamo ancora in piena fase progettuale, di concreto abbiamo realizzato poco anche se quel poco sembra funzionare bene. A livello contenutistico posso dire che c’è molto di certe mie suggestioni paranoidi orwelliane, c’è una mia riflessione sulla natura della narrazione e c’è la mia città, che riscopro sempre più bella con il tempo che passa






. Ecco qua. A presto e grazie!

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