LuoghicomuniLa gara tra città del “Mayors Challenge” e l’Italia

Una gara vera tra città europee (sopra i 100 mila abitanti), con una posta in palio (5 milioni di euro) ed un obiettivo concreto (risolvere problemi di vita urbana). Questi gli elementi del “Mayors...

Una gara vera tra città europee (sopra i 100 mila abitanti), con una posta in palio (5 milioni di euro) ed un obiettivo concreto (risolvere problemi di vita urbana). Questi gli elementi del “Mayors Challenge”, la competizione positiva e propositiva tra sindaci che stimoli e faccia emergere idee e proposte utili a risolvere problemi diffusi e migliorare le città del vecchi continente. L’idea, già sperimentata l’anno scorso in Usa, è della fondazione filantropica di Michael Bloomberg, il magnate americano oggi primo cittadino di New York al quale giorni addietro il quotidiano “La Stampa” ha dedicato due pagine di bilancio (positivo) per i suoi 12 anni da sindaco.
Di competizione tra città e territori si sente parlare da tempo, spesso in maniera inopportuna se non sbagliata. Ma l’idea di una “gara” strutturata tra le città di un intero continente dice qualcosa in più della semplice corsa. Questa infatti fa emergere altro: innanzitutto ai sindaci non è richiesto di presentare una generica buona prassi ma “l’idea più coraggiosa” che abbiano mai formulato – indicazione che esprime di per sé il taglio dell’iniziativa su cambiamento e innovazione – inoltre, devono indicare soluzioni “ad un problema serio” migliorando servizi ed efficienza nel territorio amministrato. Insomma due aspetti di concretezza a cui il concorso richiama le città che partecipano.

La presentazione dell’iniziativa, svoltasi a Londra il mese scorso con quattro sindaci a fare da testimonial, Michael Bloomberg (New York), Boris Johnson (Londra), Hanna Gronkiewicz-Waltz (Varsavia) e Matteo Renzi (Firenze), porta a veloci considerazioni che mettono in evidenza come la funzione centrale di città e aree urbane sia oggi notevole, ben oltre i loro compiti tradizionali, impattando sulle politiche economiche, di sviluppo e vivibilità, anche al delle funzioni proprie degli enti locali.
Queste riflessioni sono riassumibili in quattro veloci punti che seguono:
Innanzitutto la consapevolezza che globalizzazione e competition globale non riguardano solo e direttamente i singoli, le aziende o gli Stati, ma le città e le grandi aree in cui si vive sono protagonisti sempre più autorevoli e centrali. Il recentissimo volume di Enrico Moretti “La nuova geografia del lavoro” spiega bene (anche) questo fenomeno e racconta come la capacità di attrazione dei territori (e di come gli amministratori svolgano il loro compito) abbia un’importanza centrale nel determinare vita o morte di comunità e città assegnando a queste realtà proprio quella centralità prima richiamata sul terreno della “sfida globale”.
Secondariamente il crescente ruolo degli enti locali nel mondo ed in Europa. Si sta passando da una fase in cui nel pubblico vi era un solo player (lo Stato) ad una in cui tra i soggetti pubblici interlocutori diretti di privati e processi di evoluzione, le città hanno una importanza crescente. Nel vecchio continente in particolare ci arriviamo con ritardo ma questa è la direttrice su cui ci si muove tant’è che l’U.E. ha iniziato a rivolgersi direttamente ai Comuni per massimizzare la spesa e centrare alcune politiche di innovazione su scala continentale avviando una forte interlocuzione diretta con i territori e bypassando Regioni e corpi intermedi.
La terza riflessione riguarda la notazione come si vada sempre più spesso, nella direzione di individuare soluzioni locali a problemi globali. Con una frequenza sempre maggiore, il livello territoriale è quello che per primo (e meglio) individua soluzioni a problemi che nascono fuori dal confine fisico delle singole comunità ma che su queste impattano; i territori ed i Comuni sono quindi chiamati ad “affrontare” la globalizzazione e portarla in una dimensione di concretezza utile per essere un’occasione e non un problema.
Infine il rapporto Italia/Europa proprio sul terreno delle città. Nel continente sono circa 600 le città idonee a partecipare al “Mayors Challenge”, di queste 46 sono quelle italiane; per quel che riguarda gli Stati più grandi: 39 in Francia, 61 in Spagna, 81 in Germania. Tedeschi a parte, sostanzialmente emerge una omogeneità numerica di fondo, ma con una differenza non da poco: poteri e funzioni e soprattutto attenzione e investimenti (economici e di responsabilità) che gli altri Stati fanno sulle loro città che sono oggettivamente diversi e più forti. I Comuni della Penisola si trovano in una condizione di difficoltà e restrizioni che scelte finanziarie e legislative hanno prodotto in questi anni ma soprattutto un contesto generale di penalizzazione che nell’ultimo periodo ha determinato per gli enti locali mancanze, tagli e diminutio di ruolo e prospettive, situazione alla quale solo le capacità di gestione e programmazione degli amministratori locali hanno saputo sopperire.
Le stesse capacità di sguardo lungo e visione delle comunità che chi le guida e rappresenta deve mettere in campo se vuole partecipare al challenge. Caratteristiche importanti per vincere una gara ma che i sindaci devono però avere anche ogni giorno per stare nel quotidiano del livello locale ma guardare al globale in cui inserire il proprio Comune.

giacomo_darrigo

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