A piedi nudiLegge Fornero: l’Avis e..non solo attaccano la riforma

La manovra pensionistica della Fornero è diventata operativa da luglio e i problemi stanno esplodendo un po’ dappertutto. Problemi che nessuno, lavoratori e patronati, avevano messo in conto e in v...

La manovra pensionistica della Fornero è diventata operativa da luglio e i problemi stanno esplodendo un po’ dappertutto. Problemi che nessuno, lavoratori e patronati, avevano messo in conto e in verità neanche immaginato…

Ormai si sa che dal 2012 la pensione “anticipata” matura solo con il requisito di 41 anni e 1 mese per le donne e di 42 anni e 1 mese per gli uomini e che questi requisiti aumentano di un ulteriore mese nel 2013 e ancora di un mese nel 2014. Nella legge però c’è un’insidia che sta rimettendo tutto in discussione. L’insidia è nella frase “servizio effettivamente prestato“. Da qui un mare di problemi per i lavoratori

I primi ad accorgersene sono stati i donatori di sangue che in procinto di andare in pensione si sono accorti che secondo i nuovi parametri non ci potranno andare se non recupereranno tutti i giorni di assenza utilizzati per le donazioni di sangue ed emocomponenti. Questo significa che saranno costretti a rimanere in servizio, oppure dovranno subire una decurtazione del 2% dell’assegno previdenziale nel caso in cui non vogliano, o non possano recuperare, le giornate “perse”.Quante? Ecco un calcolo approssimativo. Supponendo che un lavoratore durante i quarant’anni di lavoro ha donato il sangue da quando aveva 18 anni e lo ha fatto a pieno regime, vale a dire quattro volte l’anno, dovrà lavorare altre 160 giornate, e quindi dai 7 ai 9 mesi in più di servizio. Ovviamente questo contraddice la legge 219/05 che prevede il riconoscimento della retribuzione e dei contributi per la giornata in cui si è compiuta la donazione.

Una legge tranchant che il milleproroghe ha cercato di attenuare in qualche modo, anche se in realtà ha solo spostato e allontanato il “redde rationem” al 2017. Per quei dipendenti che matureranno i requisiti entro quella data, non scatteranno le decurtazioni, come sancisce l’art. 6 del d.l. 2011 “ ….in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la predetta anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.

I 42 anni e più si devono intendere come lavoro effettivamente prestato, quindi. Se è così, con questa riforma anche i permessi goduti con la legge 104 non verranno più conteggiati ai fini pensionistici. O no? Già la 104. Una legge voluta da uno Stato che nel proprio welfare non ha mai inserito seriamente l’assistenza ai disabili e agli anziani, se non affidandola in toto alla famiglia con l’unico aiuto-palliativo di potersi assentare dal lavoro tre giorni al mese. Tre giorni che dovrebbero servire a compensare quello che uno Stato serio in genere fa in prima persona: la cura dei più deboli. Da anni si discute di un pre-pensionamento di 5 anni per i genitori con figli disabili. Invece ora questi dovranno lavorare di più e recuperare quello che lo Stato aveva permesso loro di fare.

Stessa cosa per l’astensione non obbligatoria della maternità. Chi ne ha goduto dovrà recuperare tutto, dal primo all’ultimo giorno. Ma come non stavano obbligando e incentivando anche i padri a prendersi cura dei figli piccolissimi? Tutto e il contrario di tutto…

Fuori conteggio della presenza anche le assenze i permessi retribuiti per motivi familiari, di lutto, per il diritto allo studio e lo sciopero. E fuori anche i periodi di cassa integrazione straordinaria, di cassa integrazione in deroga, di mobilità, i congedi parentali e tutte le aspettative in genere.

E il riscatto della laurea già pagato? Non c’è. Non è citato tra quelli inclusi, e quindi…

Bel colpo governo Monti ai diritti acquisiti dei lavoratori. Un termine che non ha più nessun valore per i semplici lavoratori, ma rimasto molto in auge per la casta. Guai infatti a toccare i loro diritti acquisiti. No, così non va. Non va perché a pagare saranno sempre i più deboli. A pagare saranno come al solito i disabili, i bambini e gli anziani. La parte più vulnerabile della nostra società. E se pensiamo che questa è una “riforma” fatta da una donna…bè possiamo dirlo con tutta tranquillità che va contro tutte le donne?

Ha ragione ad essere arrabbiato il presidente dell’AVIS, Vincenzo Saturni che dice in un suo comunicato a proposito dei lavoratori-donatori: «Penalizzando i donatori dal punto di vista pensionistico, non si riconosce il valore morale e solidale della donazione di sangue per il servizio sanitario nazionale, scoraggiando per l’immediato futuro la chiamata dei donatori, attuali e potenziali, e mettendo seriamente a rischio l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale di sangue ed emocomponenti. E questo, semplicemente, non è accettabile».

Valore morale, valore sociale e valore familiare. Tutte belle parole, ma come si è visto, per il legislatore sono assolutamente prive di significato.

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