Ci sono voluti più di trent’anni per accorgersi che Sophia Loren aveva ragione a difendersi a spada tratta contro le teorie degli uffici delle tasse.
Cause e ricorsi a non finire, fino a ieri, quando la Cassazione ha messo definitivamente fine alla vicenda dando ragione all’attrice che avrebbe usato correttamente lo strumento del condono fiscale.
Ma facciamo qualche passo indietro.
Nel 1974 le viene accertata un’evasione fiscale su un imponibile di 112 milioni.
In quell’anno l’attrice insieme al marito Carlo Ponti presentano una dichiarazione dei redditi nella quale escludono «l’esistenza di proventi e spese per quell’anno poiché per i film ai quali stava lavorando erano sì previsti compensi ma da erogarsi negli anni successivi, in quanto per gli stessi era stata concordata una retribuzione pari al 50% dei ricavi provenienti dalla distribuzione dei film”.
Gli uffici del fisco però non le credono e inizia la trafila burocratica e le varie cause nei tribunali fiscali. Commissione tributaria di primo grado… secondo grado e quindi commissione tributaria centrale di Roma, con il verdetto di quest’ultima sfavorevole all’attrice. Oggi a smentire la teoria dei giudici tributari è la Cassazione. Con questa sentenza: “ Il contribuente, che aveva presentato originariamente la dichiarazione dei redditi pur non indicando redditi imponibili ha fatto riferimento, nel presentare ai fini del condono la dichiarazione integrativa, al primo comma dell’articolo 16» della legge sul condono del 1982 e «alla percentuale indicata» (vale a dire il 60%), dato che «quest’ultima norma prevede espressamente l’ipotesi di presentazione della dichiarazione originaria nella quale non sono stati indicati redditi imponibili relativamente ad una o più imposte cui la dichiarazione si riferiva».
La vicenda …fiscale, con numeri e aliquote la descrive bene la rivista Fisco Equo: “Nel 1980 all’attrice venne notificato un avviso di accertamento, per un reddito complessivo netto assoggettabile all’Irpef per il 1974 pari a 920 milioni di vecchie lire. La Loren, dunque, usufruendo del condono fiscale previsto dalla legge 516/1982, aveva presentato una dichiarazione integrativa facendo riferimento a un imponibile di 552 milioni di vecchie lire, pari al 60% del reddito accertato. Il Fisco però aveva iscritto a ruolo un imponibile maggiore, pari a 644 milioni, sostenendo che la percentuale da applicarsi fosse quella del 70%, poiché la dichiarazione sul 1974 presentata dall’attrice doveva considerarsi omessa perché «priva degli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione dell’imponibile».
Va detto che le commissioni di primo e secondo grado avevano dato ragione alla Loren, ma gli uffici opposero subito ricorso e quindi la pratica arrivò alla commissione tributaria centrale di Roma che accettò fino in fondo le teorie dei funzionari del fisco riguardo la tassazione del 70%.
In tutti questi anni intanto, mentre la macchina burocratica procedeva, non troppo velocemente a dir la verità, la Loren veniva condannata a un mese di carcere. L’attrice che nel frattempo si era trasferita all’estero, decise di tornare per scontare la pena nel carcere di Caserta che all’epoca divenne meta di pellegrinaggio.
E ora? Ora l’Agenzia delle Entrate, che in questi anni non ha accettato lo strumento di autotutela avanzato dalla Loren, dovrà risarcire l’attrice di tutte le spese e secondo me, e mi si permetta di dirlo dal momento che conosco bene questa realtà……decidere una volta per tutte di scegliere persone competenti, capaci e motivate a cui affidare la difesa del fisco italiano.