Se questa è scienzaSperimentazione e animalismo (parte I)

Mi capita spesso di discutere (sul web e non solo) di argomenti scientifici delicati come gli OGM o la sperimentazione animale. Quando dall’altra parte vi è una persona che non mastica molto di sci...

Mi capita spesso di discutere (sul web e non solo) di argomenti scientifici delicati come gli OGM o la sperimentazione animale. Quando dall’altra parte vi è una persona che non mastica molto di scienza è facile essere fraintesi, facile che la persona argomenti in maniera “bizzarra” o che riporti semplicemente un suo stato d’animo o pensiero assolutamente legittimo, anche se spesso e volentieri non suffragato da alcuna evidenza scientifica.

Questo è anche giustificato da un’informazione sui temi scientifici (e non solo) tutt’altro che chiara e precisa che rende, purtroppo, la conoscenza dell’argomento privilegio limitato agli addetti ai lavori.

La conversazione può diventare anche molto accesa ed è facile a un certo punto mandarsi “a quel paese”. Niente di male, specie se questo ha come risultato un far proprie nuove nozioni e nuovi “dubbi” sviscerati dal proprio interlocutore.

E poi si litiga anche coi migliori amici e non è mai morto nessuno; anzi, è facile uscirne più forti e, a volte, anche un po’ più saggi.

Non tutte le conversazioni, però, sono così interessanti.

Esistono, ad esempio, molte discussioni che non hanno né capo né coda perché l’interlocutore semplicemente non è interessato ad ascoltare o discutere, ma vuol solo istigare e litigare. Generalmente questi soggetti basta ignorarli (avete presente il detto “don’t feed the troll” ?) e perderete molto meno tempo che potrete usare in maniera sicuramente più utile, dal passare una serata con gli amici, allo studiare o al discutere con persone più intelligenti.

A volte però, specie nell’ambito della sperimentazione animale, può capitare anche di peggio. Questa mancata voglia di dialogo e discussione si trasforma nella necessità irrefrenabile di insultare e minacciare in ogni modo possibile chiunque si trovi “dall’altra parte”, che esso sia l’autore di un articolo, la generica figura del ricercatore o una persona in carne ed ossa mai vista né sentita poco importa.

Oltre alle minacce di morte sui social network, infatti, non é così inusuale vedere immagini di ricercatori, ma anche studenti universitari, le cui facce finiscono accostate a sangue, escrementi e alle peggiori torture su animali, vere o finte che siano.

La colpa? Aver difeso una pratica come la sperimentazione animale, che, oltre ad essere tutt’ora insostituibile per alcuni ambiti fondamentali della ricerca biomedica, non ha nulla a che vedere con le scioccanti immagini sanguinolente fatte chissà quando e chissà dove e riportate come se riguardassero quel ricercatore o quello studente.

Questi soggetti non solo non hanno nulla da dire perché non è loro interesse discutere, ma sono pericolosi perché diffamano pesantemente persone che spesso non ne sono nemmeno a conoscenza e incentivano l’uso della forza, della violenza, dell’insulto e della diffamazione come mezzo per difendere i propri ideali, giusti o sbagliati che siano, facendo perdere valore al dialogo, alla razionalità e, soprattutto, al rispetto delle idee altrui e delle stesse persone.

Non ci sono ricette vincenti per eliminare questo fenomeno che è purtroppo estendibile a tanti altri argomenti (penso se ne potrebbe parlare per ore), ma sicuramente il primo modo per difenderci da questo infimo e degradante comportamento è assicurarci che tali gesti (e le relative persone) vengano puniti, specie se diffusi in modo virale come su Facebook.

I veri animalisti, oltre che le persone vittime di tali minacce, ne sarebbero grati e so che sarebbero i primi ad essere, almeno questa volta, d’accordo con noi.

@FedeBaglioni88

Federico Baglioni

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