Pare la frase fatta di uno slogan pubblicitario: «stop al biocidio». Eppure non lo è. Non lo è per chi la sente e la legge e non lo è – poco ma sicuro – per chi la dice; un po’ più difficile essere sicuri che non lo sia anche per chi, nel caso di giornalisti-giornalai, la scrive. Ma analizziamola, e sorvoliamo i discorsi e gli antidiscorsi, che a farli – direbbe il poeta – sono tutti bravi. Stop al biocidio. Stop: basta, fine, smettiamola. Non ne possiamo più. Al: è una preposizione articolata, formata da a, preposizione appunto, e da il, articolo singolare maschile. Biocidio: ecco, qui le cose, purtroppo o per fortuna, si fanno più complicate. Perché il termine, prima che venisse coniato ad hoc, non esisteva.
Se ora non lo leggete marcato (come tendono a fare certi pc maestrini virtuali), è per puro caso: un ingresso furtivo nella lingua italiana. A furia di dirlo, qualcuno si sarà deciso che deve esistere. Che i bio, cì e dio – come viene scandito sui dizionari – non siano solo cosa di Napoli e dintorni; e che non è certo la Terra dei Fuochi (ed abitanti) l’unica a poterlo utilizzare. Ma tutti: nord, sud e isole. Nessuno escluso. Perché qui, che ci crediate o no, il problema è molto più profondo e radicato di quello che potrebbe sembrare. Per la serie “arrivati al fondo, s’è cominciato a scavare”. Letteramente, biocidio significa «strage di animali». Se poi volete una definizione più puntuale e – direbbe qualcuno – burocratese, interviene il Decreto Legislativo n. 174 del 35 Febbraio del 2000, dove sta scritto che: «i principi attivi e i preparati contenenti uno o più principi attivi, presentati nella forma in cui sono consegnati all’utilizzatore, destinati a distruggere, eliminare, rendere innocui o impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo con mezzi chimici o biologici».
Lo scorso 1° settembre è entrato in vigore il Regolamento 528 del 2012, che invece dice che: «qualsiasi sostanza o miscela nella forma in cui è fornita all’utilizzatore, costituita da, contenenti o capaci di generare uno o più principi attivi, allo scopo di distruggere, eliminare e rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica» e che «qualsiasi sostanza o miscela, generata da sostanze o miscele che non rientrano in quanto tali nel primo trattino, utilizzata con l’intento di distruggere, eliminare, rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica». E che «un articolo trattato che abbia una funzione primaria biocida è considerato biocida».
Ora, l’unica cosa di queste definizioni che sembra veramente stonare è quel «nocivo» che arriva puntuale e preciso, ogni volta che ci sia un organismo da qualificare. Noi, gli organismi, non siamo certo nocivi (non tutti almeno); i biocidi di cui stiamo parlando non sono certamente i veleni per topi o per blatte (che pure, ad usarne troppo e a lasciarli dove non vanno lasciati, finiscono per diventare pericolosi per l’uomo). Sono la monnezza, gi scarichi industriali, le fuoriuscite incontaminate; l’aria avvelenata, le falde inacidite, il terreno corrotto, il cibo contaminato. E tutte queste cose, in quanto derivati, ovvero colpiti da biocidi, sono diventate a loro volta biocide. E non si trovano solo in un posto. Ma sono ovunque. Alla base di questo, c’è una politica gestionale sbagliata, erronea ed incapace (da capire se ci fa o ci è; ma quest’è un altro paio di maniche); c’è una malavita che s’è ingrassata smerciando e vendendo, e ci sono imprenditori – i furbetti – che ne hanno approfittato. E ora, tornando alla strage di animali di cui sopra, noi moriamo. Perché noi siamo gli animali e noi veniamo decimati.
Stop al biocidio, allora, non è una frase fatta. E poco ma sicuro non è uno slogan pubblicitario. È una verità, un valore che – presto o tardi – entrerà a far parte di ognuno di noi, delle comunità e, più in generale, della società. Biocidio non è una parola difficile con cui fare colpo; biocidio è un problema, un guaio – per dirla più terra terra. E prima lo capiremo, prima potremo reagire. E prima reagiremo, prima si fermerà la «strage di animali».
Twitter: @jan_novantuno