Fatti. Procediamo per fatti. Così nessuno potrà prendersela, dire che io sono di parte e che Linkiesta si diverte ad alimentare gli incendi mediatici.
Primo fatto. Venerdì 4 ottobre, come saprete tutti oramai, c’è stata una manifestazione – “Marcia per la Vita” – da Orta di Atella a Caivano, organizzata da Don Patriciello, e che ha visto la partecipazione di più di 20mila (per qualcuno anche 60mila) persone. Dopo questo fatto, che è, poco ma sicuro, un fatto, politici e politicanti hanno cominciato a spendere più di qualche parola sulla questione “Terra dei Fuochi”. Tra chi si è schierato a favore dei manifestanti e chi, invece, si è divertito a fare da bastian contrario, sono spiccate due dichiarazioni su tutte: quella di Paola Nugnes, senatrice del M5S, e quella di Mario Adinolfi, ex-PD e dal 2011 iscritto all’Agenda Monti. Entrambi hanno parlato per social network, ed entrambi hanno aggiunto un pezzo al rompicapo “la buona politica esiste ancora?”.
Secondo fatto. Sulla sua pagina facebook, Paola Nugnes ha scritto: «una cosa proprio avvilente successa in commissione ambiente, il primo giorno delle audizioni per l’affare assegnato la terra dei fuochi, è stata quella che alla mia affermazione che siamo di fronte ad un problema nazionale di traffico illecito di rifiuti di stampo nazionale, prima un leghista ma poi anche una nota esponente del PD, hanno detto che si tratta di un problema locale di cattiva amministrazione… e che se vogliamo essere aiutati su questa faccenda la dobbiamo finire di dire che sono rifiuti che vengono dal nord!! Non lo diciamo noi ma lo ha detto la MAGISTRATURA in decine e decine di processi dal 1991 ad oggi». Ora, sorvolando sul fatto che la Nugnes non abbia riportato il nome di nessuno dei politici in questione (perché?), la cosa ha semplicemente dell’assurdo. Dopo i raccolti coltivati nella Terra dei Fuochi, smerciati in tutta Italia, e i picchi di malati di cancro e di morti, c’è ancora chi, in commissione Senato, azzarda a dire che si tratta di un problema locale. Società Civile 0 – non-politica 1.
Terzo fatto. Passiamo alle dichiarazioni di Mario Adinolfi, che a volerle riportare per intero, mi scuso fin da adesso, non basterebbe né questo post, né, probabilmente, quello di domani. Basti sapere che più che una dichiarazione si tratta di un articolo: un’analisi, più o meno attenta, del popolo italiano, delle sue scelte – del suo masochismo cronico – e di come, a fronte degli ultimi avvenimenti, si sia rivelato essere – scrive Adinolfi – un «popolo di merda». Qualcuno, perché c’è sempre qualcuno, si è detto d’accordo. Il buon Adinolfi non ha sbagliato poi di tanto l’analisi degli italiani. Qualcun altro però, specialmente dopo la sintesi non tanto riuscita su twitter, ha urlato – a ragione, probabilmente – allo scandalo. Che Adinolfi non doveva (e non deve) permettersi di insinuare nulla. Perché a) non sa, b) vive a Roma e c) è facile tuonare prediche dal proprio pc. Il tweet incriminato, molto più semplice da riportare, è questo: «Si sono fatti devastare tacendo dalla camorra che ha interrato per anni rifiuti tossici, ora fanno le manifestazioni. Che popolo di merda». A voi, signori e signore, l’ardua sentenza.
È innegabile che dopo tante chiacchiere, dopo le marce, i morti; dopo le continue dichiarazioni degli interessati (intesi come abitanti) e non (intesi come attivisti), leggere certe cose fa male. Non male come un pugno allo stomaco o una mazzata in fronte. Magari, verrebbe da dire. Piuttosto fa male come quando si sanno certe notizie brutte, di Tizio o Caio in fin di vita; come quando della speranza non c’è più manco l’ombra, e arriva la consapevolezza. Non quella concreta, della realtà, quanto piuttosto quella di essere soli, abbandonati a se stessi.
Gli italiani (o i campani, secondo una chiave di lettura più sottile) sono un «popolo di merda», colpevoli di aver scelto la propria classe dirigente; colpevoli di aver ceduto alla soluzione semplice, colpevoli di aver visto e non aver fatto nulla. Personalmente, mi sembra una predica senza senso. Senza senso soprattutto ora, visto lo stato delle cose. Di costruttivo, in questo ragionamento, c’è poco e niente. Sembrano le chiacchiere di chi vaneggia, di chi cerca l’attenzione generale; di chi dice l’ovvio e si aspetta applausi. La colpa non è di chi vive nella Terra dei Fuochi, la colpa è di tutti, nessuno escluso. Il problema non è locale, come insistono a dire alcuni politici della Lega e del PD; il problema è dell’Italia, tutta quanta, senza distinzioni. E prima lo capiranno i signori di Roma e dintorni, prima potremo fare qualcosa di utile, che non si fermi allo schermo di un computer.
Twitter: @jan_novantuno