Non solo Facebook e Twitter, strumenti essenziali per la comunicazione. Ma anche la street art, che con murales e stencil è stata, e continua ad essere, la protagonista della necessità di cambiamento in Egitto. Espressione (spontanea) di una subcultura metropolitana tipica delle fasi di transizione, ha come protagonisti venti-trentenni che nella vita fanno, a volte, gli artisti. In molti altri casi, invece, si occupano di graphic-design, marketing e comunicazione.
All’interno delle Manifatture Knos, un enorme spazio culturale a Lecce, il giovane street-artist ed attivista egiziano conosciuto con lo pseudonimo di Nazeer ha realizzato un lavoro murale ispirato alla difficile situazione in cui si trova oggi il suo Paese, l’Egitto. Era ospite di un evento, lo Yalla Shebab Film Festival, che presentava una rassegna sulle rivolte e i cambiamenti in corso nel mondo arabo.
Nazeer ha disegnato una enorme poltrona, simbolo del potere politico onnipresente e condizionante, che una tribu’ di persone cerca di rovesciare. Dietro a questo simbolo, un esercito di carri armati. Nazeer ha spiegato in un commento rilasciato al Manifesto che, una volta caduto l’ex presidente Mubarak, i rivoluzionari egiziani di Piazza Tahrir si sono ritrovati in una sorta di girone dantesco: <<Ci dicono: è colpa dei media, dei fratelli musulmani, di quello e di quell’altro. Ma il vero problema sono i militari, lo erano prima e lo sono ancora». Quando la testimonianza dell’arte e dell’artista vale quanto il giornalismo, mi viene da pensare! Alle Manifatture Knos, il lavoro di Nazeer – che nella vita si occupa di marketing per una importante azienda 100% egiziana – è andato oltre la testimonianza storica. In realtà è stato concepito per coinvolgere la sua audience. E risvegliarne le coscienze.
La tribu’ di persone fotografate sul muro con lo spry nero è infatti composta da stencil realizzati partendo da immagini di persone vere: i membri dello staff delle Manifatture Knos. Si è trattato di una sorta di operazione “entrate nel graffito” che, a Lecce, l’artista-attivista ha aperto ai padroni di casa, e in seguito anche ai visitatori dello Yalla Shebab Film Festival che lo stava ospitando. Perchè l’enorme poltrona appesa alla parete è anche il simbolo di un sistema educativo da cambiare, o di stereotipi da cancellare, allo scopo di migliorare la società in cui noi italiani viviamo.
La street art, dalle parti del Cairo, significa ancora qualcosa, mi viene adesso da pensare! E allora forse non è importante che questi ragazzi abbiano successo qui da noi. Piuttosto lo è che continuino a disegnare sui muri delle loro città in transizione.
Comunque … sotto il murales di Nazeer, lo staff dello Yalla Shebab Film Festival aveva allestito una bella mostra fotografica con le immagini di quello che ormai sembra un esodo senza fine, raccolte da Focus on Syria, con “Rifugiati nel racconto: storie di profughi siriani in Giordania e in Libano”.