Basta polemiche sull’elezione di Rosy Bindi alla presidenza della commissione antimafia. Tutti insorgono su questa votazione urlando al ‘totopoltrona‘ e dimenticando che quella poltrona era vuota da sette mesi. Sette mesi. Un tempo vuoto e morto che poteva esser sfruttato meglio. Ad esempio, apportando nuove e numerose idee e progetti per contenere e bloccare l’onda mafiosa.
Il Pdl, ancora, non si è sentito rappresentato da questa scelta ed ha accusato il Pd di aver fatto forza sui numeri in suo possesso per l’elezione dell’onorevole classe ’51, laurea in scienze politiche. Ma questa elezione deve rappresentare l’Italia intera o i parlamentari pidiellini? Deve per forza di cose accontentare e consolare l’opposizione?
Altre critiche sono pervenute da quella schiera di persone che hanno dubitato sull’esperienza della deputata Pd in campo antimafia. Per fare antimafia non bisogna guardare il curriculum, non occorre aver sbandierato e urlato slogan o ancora aver partecipato a sfilate e contesti contro le mafie. Non serve essere professionisti. Basta lo stare contro. E’ necessario quindi che il proprio contributo dia la possibilità di costruire una coscienza antimafiosa a partire dalla classe politica stessa che tanto ci tiene ad essere definita come rappresentante di noi cittadini. Dove andare ad operare? In strada, nelle scuole, nelle famiglie, nelle leggi, nonostante si dica che abbiamo una legislazione antimafia prima in Europa, nei partiti, nelle associazioni, ecc.
Si sta perdendo tempo e se ne è già perso troppo: diamo l’opportunità alla Bindi di lavorare. Diamole pace. Solo dopo si andranno a valutare le sue azioni e verrà messo in discussione, eventualmente, il suo incarico.
Il nostro è il paese delle crepe. Siamo tutti bravi a storcere il naso di fronte alle novità. Per una volta però zittiamoci tutti perché le mafie ci stanno a guardare, giocano d’anticipo. Urge marcarle ‘a uomo’.
Alle mafie poi quanto interessa l’incidenza e la potenzialità di questa commissione?
Beati loro che se la ridono sotto il baffo.