Un altro NordestBaban, un veneto alla Piccola di Confindustria

Da oggi c’è un veneto ai vertici della Piccola impresa di Confindustria. Un imprenditore di prima generazione, 46 anni che ha fondato nel 1998 la Tapì di Massanzago (Pd) con l’obiettivo di farne da...

Da oggi c’è un veneto ai vertici della Piccola impresa di Confindustria. Un imprenditore di prima generazione, 46 anni che ha fondato nel 1998 la Tapì di Massanzago (Pd) con l’obiettivo di farne da subito un’impresa globale. Ha aperto le porte all’equity di Gradiente SGR, ha allargato la rete con sedi in USA, Asia, Sud America e ha puntato dritto su qualità e design producendo tappi sintetici per super alcolici.

Alberto Baban è un geometra che dice di essersi formato grazie alle persone. Di centinaia che ne ha incontrate, un 15% sono state talmente di alto profilo da assorbirne nel tempo un modo di fare nuovo e fuori dagli schemi.

Baban non ha una lunga storia confindustriale alle spalle: ha presieduto la Piccola in Veneto. Per questo sta ancora sondando i margini di manovra. Perché il suo è un pensiero libero e poco formale che non vuole trovare freni. E’ abituato alla libertà delle Venezie e poco ai salotti romani. Baban fa network: ha lanciato il progetto Innovarea per condividere le best practice nel territorio con un obiettivo diciamo quasi maieutico. Ma ha anche creato una Spa di oltre 40 imprenditori (Venetwork) pronti a investire in nuove e profittevoli aziende.  

Baban arriva letteralmente «catapultato» nel mondo di Confindustria. Ma ha le idee chiare: «acculturare gli imprenditori» per «spiegare le evidenti difficoltà della piccola impresa» che «non stanno tanto nelle dimensione o nel guadagno» quanto nella «visione minima di mercato». «E’ come avere una gondola e pensare di trasportare la merce a Tokyo. Un pensiero da cambiare ma servono fortissimi stimoli. Serve una potenza d’urto eccezionale non solo ottimismo», dice. Per questo il suo interlocutore sarà l’Europa. Baban vuole andare a «discutere con l’Europa» perché «l’Italia è in un circolo vizioso e continua a non dare alle imprese condizioni di competitività». E deve farlo prima del 2015. Prima della scure Fiscal compact.

Baban ha però un altro sogno che è quello di riposizionare il dibattito mediatico dai talk show e dagli slogan della politica-fiction ai problemi reali. Ma non per parlare dei problemi, che sono già noti. Ma per proporre soluzioni evidenziando le conseguenze del non fare. «Cosa significa vessare le imprese fiscalmente? – si chiede – Torturare l’imprenditore o creare altri 3 punti di disoccupazione nei prossimi anni?».

«La sfida è ritornare a dare dignità alle persone attraverso reddito e lavoro, non in chiave politica ma economica – chiosa -. Il mercato non è così negativo e qui sta la capacità dell’internazionalizzazione. L’Italia può rendere ancora ma non bisogna spegnere la nostra forza».

A Baban, dunque, un sincero in bocca al lupo. 

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