Anche le formiche, nel loro piccolo, fanno i congressi.
Il 23-24 novembre a Chianciano Terme i Verdi italiani si apprestano a celebrare la 32ima Assemblea Nazionale, dal titolo “Il futuro è verde”, per scegliere i portavoce del partito che, prima volta in Italia, dovranno essere due, di cui uno donna.
Ma, elezione dei portavoce a parte, cosa c’è da aspettarsi dal conclave verde?
Il Sole che ride arriva a questo appuntamento dopo una serie infinita di guerre intestine e divisioni ogni volta sempre più infinitesimali. Ma soprattutto vi arriva come un partito dello “zero virgola”, ovvero completamente inconsistente dal punto di vista elettorale. Il che non è solo un problema numerico ma di rappresentanza politica: a fronte della sempre più ampia attenzione ambientalista nella società italiana il partito, anziché aumentare il proprio peso, è praticamente scomparso non solo dalle urne, ma anche dal dibattito di cui avrebbe dovuto essere l’opinion maker. Insomma, il Sole non ha molto da ridere.
A ben vedere, differentemente da altri Paesi europei, Germania e Francia in primis, i Verdi italiani, pur essendo stati protagonisti di campagne importanti come quella contro il nucleare nel 1986, oltre a numerosi referendum di successo, non hanno mai raggiunto risultati elettorali eclatanti, non riuscendo mai a sfondare, a livello nazionale, la soglia del 3,7%.
In sintesi, molte battaglie ma pochi voti. Perché?
Uno dei limiti principali è stata probabilmente la qualità della loro proposta politica, contrassegnata da un atteggiamento di chiusura ideologica oltranzista, percepita come incapace di superare la contrapposizione tra ambiente e sviluppo, tra sostenibilità e crescita economica, per proporre una visione di futuro che si fondasse proprio sulla sintesi di queste contrapposizioni. A questo si aggiunge una sorta di sindrome antagonista che ne ha contraddistinto l’azione anche quando i Verdi si sono trovati al governo. Nel momento di massimo peso e visibilità, in cui potevano parlare e agire da forza di governo, si sono invece caratterizzati come il partito dei NO, come l’opposizione interna alla maggioranza, facendosi notare più per i veti che non per le proposte.
Un altro elemento di debolezza è stata la gestione del partito stesso, contrassegnata da faide interne, errori strategici, alleanze sbagliate, leadership deboli. Un partito elettoralmente piccolo, ma non per questo esente da una sensibilità particolare alle poltrone, prima ancora che alle proposte.
Emblematica la candidatura perenne a qualcosa dell’attuale presidente (ricandidato), Angelo Bonelli, che dopo il tonfo alle politiche del 2008 e la sua elezione al consiglio regionale del Lazio nel 2010, ci prova pure a Taranto alle comunali del 2012, contando sul fattore Ilva per raccogliere consensi, ma non riesce ad andare oltre il 12%. Qualche mese dopo arriva la scelta di stringere un’alleanza con Ingroia e la sua Rivoluzione Civile, il cui esito è conosciuto.
L’ultima carta giocata da Bonelli è la candidatura a consigliere municipale alle ultime amministrative a Roma. Il centrosinistra trionfa, vince in tutti i municipi. E Bonelli? Non eletto.
L’arretramento politico ed elettorale dei Verdi si è tradotto quasi automaticamente in una marginalità mediatica sempre maggiore. Il che non è una scusante, ma un ulteriore elemento su cui fare autocritica. Perché se la strategia comunicativa è uno sciopero della fame qua e là, o candidarsi ad ogni elezione in calendario in nome di un non precisato ecologismo, senza proposte o idee, i media cosa devono comunicare? La notizia, semplicemente, non c’é.
Lo scenario attuale è molto cambiato da quello in cui i Verdi mossero i loro primi passi sulla scena politica, sul finire degli anni 80. Resta molto da fare, ma la coscienza ambientalista è ormai diffusa, non è più patrimonio esclusivo di un partito o della politica, ma un elemento sempre più radicato nella società globale e italiana. Basti pensare a come è cambiato il linguaggio pubblicitario, ad esempio nel settore automobilistico, in cui il risparmio energetico o il controllo delle emissioni sono ormai considerati un plus di prodotto alla pari del design e delle prestazioni della vettura.
Anche l’innovazione tecnologica ha contribuito a cambiare radicalmente lo scenario, se è vero che nel maggio-giugno 2013 la produzione di energia pulita in Italia ha rappresentato più del 50% dell’energia prodotta nel nostro Paese.
Il paradosso è che proprio quando quelli che fino a qualche anno fa sembravano progetti utopistici sono diventati realtà, quando il sentire comune si è reso permeabile alla sensibilità ecologista diffusa, quotidiana, dei piccoli gesti, il soggetto politico che avrebbe dovuto guidare questo processo non si è fatto trovare. Così un immenso elettorato potenziale, ormai maturo per raccogliere la sfida di una nuova idea di sostenibilità, si è trovato senza punti di riferimento credibili.
Con la conseguenza che mentre in Europa i movimenti ecologisti hanno saputo tradurre il consenso in voti, con risultati spesso a due cifre, facendosi interpreti di nuove idee di sviluppo in grado di tenere insieme salvaguardia ambientale, sviluppo e occupazione, in Italia il leader dei Verdi non riesce a farsi eleggere al Consiglio Municipale di Roma.
È quindi troppo tardi perché nasca un movimento ambientalista in grado di riappropriarsi della funzione di guida del dibattito, che riesca a costruirsi un profilo di governo, che sappia proporre un’idea di sviluppo in cui la tutela ambientale è volano e non zavorra di sviluppo? Dopo lo scenario delineato sembrerebbe di si. Eppure non tutto sembra perduto.
Esiste infatti in Italia un’oasi felice per i movimenti ambientalisti ed è rappresentata dalla provincia di Bolzano, dove alle ultime provinciali di ottobre i Verdi – Grüne – Verc – Sel si sono affermati come terzo partito, raggiungendo un significativo 8,7%, dato addirittura superiore a quello dei cugini tedeschi, scesi per la prima volta sotto il 10% alle elezioni federali di ottobre. Un dato, quello altoatesino, non nuovo ma che potrebbe anche non sorprendere, visto che proprio di quelle parti era Alexander Langer, uno dei fondatori del movimento ambientalista italiano ed europeo. Ma oltre al dato culturale, c’è un elemento politico ed è rappresentato, come spiega l’onorevole Florian Kronbichler, parlamentare ecologista eletto con SEL alle ultime politiche, dalla scelta di non seguire i Verdi italiani nella scellerata alleanza con Ingroia ma di allearsi sul territorio proprio con il partito di Vendola. A conti fatti la mossa sembra essere stata efficace. Sopratutto se si pensa che nel vicino Trentino, dove i Verdi di Boato, che alle politiche hanno invece seguito la strategia di Bonelli di confluire in Rivoluzione Civile, alle provinciali si sono fermati all‘1,9%. Ma c’è di più: uno dei motivi che spiegano il successo dei Verdi altoatesini, sempre secondo Kronbichler, è l’essere rimasti immuni, come partito, dalle vicissitudini personali dei suoi leader, fenomeno che invece ha influito enormemente sul destino dei Verdi italiani. Rispetto all’assemblea di sabato e domenica, infine, Kronbichler è piuttosto netto “Crediamo poco nel congresso, è una minestra riscaldata. Sono i vecchi che si vogliono reinventare nuovi, noi non ci saremo”.
In definitiva, l’unica speranza per avere un movimento ecologista degno di questo nome è farci invadere dalla Germania?
Forse no, soprattutto se si guarda ai territori, dove l’impegno di molti militanti, nonostante il tracollo nazionale, ha portato ad affermazioni significative, con eletti del Sole che ride in consigli comunali e provinciali, come nel napoletano o nelle Marche.
Chissà se dopo l’Assemblea di questo week end cambierà qualcosa.
Dopotutto il verde rimane il colore della speranza.