Alla fine gli attivisti di ‘U ime obitelji’, nel nome della famiglia, hanno raggiunto il loro scopo: il referendum per introdurre nella costituzione la dizione di matrimonio come di un’esclusiva ‘unione di vita tra un uomo e una donna’ si farà. Il Parlamento croato ha deciso di accogliere la proposta, sostenuta da qualcosa come 740.000 firme (una cifra esorbitante, in un paese che ha poco più di quattro milioni di abitanti), approvandola l’8 novembre. Ben 104 deputati, su un totale di 151, hanno votato a favore del referendum, che si terrà così regolarmente il prossimo primo dicembre. Solo 13 i contrari.
La questione è stata ampiamente politicizzata e vede divisi il partito socialdemocratico del premier Zoran Milanović e la destra, rappresentata principalmente dall’HDZ, che si è schierata assolutamente in favore del referendum e contro la possibilità di introdurre una regolamentazione a favore delle coppie omosessuali, che era stata ventilata mesi fa dalla sinistra.
Secondo l’ombudsman croato, Lora Vidović, il referendum «viola la Costituzione», la quale specificamente vieta «qualsiasi tipo di discriminazione». «Questa definizione di matrimonio porrebbe in una situazione di enorme svantaggio le unioni omosessuali».
Due sono le cose da tenere a mente: la prima è che per un referendum del genere non ci sarà quorum. L’esito sarà valido indipendentemente dalla percentuale dei votanti, come riporta la BBC. La seconda è che contro la proposta di ‘U ime obitelji’ potrebbe schierarsi la Corte costituzionale croata. Il referendum è infatti al centro di uno scontro istituzionale in Croazia, dal momento che è la prima volta che viene indetta una consultazione popolare per modificare la Costituzione del paese (possibilità concessa dalla carta costituzionale, ma finora mai verificatasi). Il voto del parlamento, in un certo senso, ha usurpato il ruolo dei giudici costituzionali, ritenendo ammissibile il referendum. Ora bisognerà vedere se, come sostiene Ivanka Toma dalle colonne di ‘Večernji List’, i giudici decideranno di pronunciarsi: «ciò che potrebbe essere messo in discussione», secondo Toma, «non è assolutamente la definizione di matrimonio come unione tra uomo e donna; semmai, i giudici potrebbero opporsi a che questa venga inserita nella Costituzione. Quello che viene messo in dubbio, insomma, non è il significato del matrimonio. Ma la gerarchia delle leggi».