BelfagorDesolanti palle d’acciaio

E così siamo arrivati alle palle d'acciaio. Non si sa se le larghe intese potranno tenere ancora a lungo. Ancora meno si sa che cosa farebbe di straordinario il governo nel prossimo anno, se dovess...

E così siamo arrivati alle palle d’acciaio. Non si sa se le larghe intese potranno tenere ancora a lungo. Ancora meno si sa che cosa farebbe di straordinario il governo nel prossimo anno, se dovesse durare. Però abbiamo diritto all’esibizione verbale della virilità da parte del presidente del Consiglio. Bisogna pure intrattenere il pubblico. Ci aveva pensato il giorno prima Berlusconi in persona tirando fuori a sproposito la condizione degli ebrei nella germania nazista. Voleva parlare dei suoi figli ed è riuscito per l’ennesima volta a far parlare di sé. Lui sì che ci sa fare. Quanto a Enrico Letta poteva risparmiarsi questa caduta di stile. Forse. O forse no: è talmente a corto di argomenti che non gli è rimasto molto altro. I politici fanno gli intrattenitori e gli intrattenitori – vedi Grillo – si riciclano da politici: è l’ultimo stadio di una parabola discendente, non c’è che dire. E poi ci sarebbe da chinare la testa e scrollarla, stringendosi la faccia tra le mani. Tanto per testimoniare la vergogna, una vergogna sentita e subita.

Di quante cose ci sarebbe da discutere in Italia se al centro dell’attenzione ci fossero i problemi del paese. La spesa pubblica continua a presentare mille anomalie, tutte o quasi intoccabili a quanto pare. Il problema di una diversa politica europea sarà affrontato da una prossima generazione, quando l’Europa attuale sarà andata in pezzi, travolta dai populismi dilaganti. Anche lo scandalo dei giovani senza lavoro resta oggetto di lamentazioni rituali, non viene visto da nessuna forza politica come il terreno di un intervento forte, o anche solo come una sfida da raccogliere in tempi brevi. La politica tende a polarizzarsi intorno ad alcune personalità di rilievo, alcune un po’ nuove, e una per lo meno antica per non dire vecchia e decrepita. Nessuna di queste ha associato il suo nome a un progetto capace di sollevare entusiasmi o di mobilitare energie. L’abilità dei politici consiste, a quanto pare, nello sfruttare i temi che di volta in volta l’ordinaria amministrazione o la generale stanchezza pongono sul tappeto. Tutto sta a posizionarsi, per cavalcare l’onda. Avremmo voluto delle guide capaci di offrire un orientamento nella tempesta e ci ritroviamo con una banda di surfisti.

A tutto ci si abitua e ci siamo anche abituati all’idea che non c’è nulla o quasi da fare. Chissà il destino vorrà essere benevolo con noi. Oppure saremo trascinati nell’abisso. E’ un gran bel momento per i profeti, questo. Ogni tanto qualcuno finge di sapere come andrà a finire e allora conquista per un attimo l’attenzione. E poi si ricomincia con l’inseguimento dell’emergenza. Grillo, lui, ha sempre saputo come sarebbe finita la tragedia. Molti di quelli che occupano la scena per lui sono già morti. Un nuovo inizio sembra possibile solo con un plebiscito a favore del comico che ci dovrà salvare dalla perdizione.

E allora e allora le vecchie divisioni politiche permangono sotto la superficie della generale nausea che sopraggiunge e qualcuno ha la pretesa di offrire una qualche ricetta. Gli eventuali esperti capaci di offrire soluzioni operative non se la passano tanto bene, perché prevale una convizione di tipo fatalista. Alla fine non si farà nulla, o molto poco: a che vale accapigliarsi sulla scelta del rimedio ideale?

E invece ci si accapiglia, eccome, sui simboli. Ogni scelta sia pur minima che sia ancora possibile o appaia tale assume un’importanza di gran lunga superiore alla sua portata reale: il voto palese o segreto, la sorte del ministro Cancellieri, l’amnistia, l’Imu, l’aumento dell’Iva, la salvezza dell’Alitalia, la fine di Telecom e così via. Assai raramente c’è nella discusssione un legame con le prospettive strategiche. Tutto si gioca nell’immediato. Per una volta lo scontro ritrova i suoi diritti.

Se ci fosse da dimostrare quanto siamo caduti in basso, questa sarebbe una prova più che sufficiente. Le questioni decisive per il nostro futuro non vengono dibattute, mentre a suscitare interesse sono le impuntature del momento. Un incantesimo senza fine. Finita una fiammata di passione faziosa se ne accende un’altra e così si va avanti e si scivola sempre più in basso. Intanto ciò che avrebbe senso, ciò che servirebbe a dare forma a un destino ci appartiene sempre meno. Bella e atroce metafora di una caduta che nessuno sembra in grado di arrestare.

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