Enzo Ferrari in carcere e via la chiave. Se il pioniere fondatore del gruppo Ferrari fosse nato ai giorni nostri avrebbe avuto questa sorte: in carcere per omicidio. Colposo o doloso non importa: sarebbe andato in carcere. Questa è una realtà di fatto. Le morti di Ascari e Villeneuve, oggi, avrebbero comportato una condanna per omicidio volontario con dolo eventuale. La Ferrari non avrebbe più ricevuto alcun finanziamento e l’Italia non avrebbe il suo bel gioiello di Maranello.
E mentre un Ferrari andava in carcere, in tv si sarebbe parlato di Bunga Bunga, di vizi pubblici e privati, ma non del cuore di un Paese sfinito. L’industria è questo in Italia: sfinita. La piccola imprenditoria, invece, vive una situazione peggiore: quella della devastazione. Da un lato, lo Stato, che più vessatorio di un contraente assetato di soldi risucchia tutto il possibile dalle tasse di chi investe; dall’altro un sistema giudiziario che sembra attaccarsi a qualsiasi scusa pur di non far dormire tranquillo chi fa impresa.
Io, che la giustizia la vedo come la vede Bruce Wayn, trovo ingiusto questo paese. Vedo un Paese talmente ossessionato dal presente da aver paura di una prospettiva di futuro. Vedo un paese in cui il rischio imprenditoriale corrisponde al rischio della libertà personale. Ho paura. Ho paura di fare una scelta sbagliata. Ho paura di non poter prevedere l’imprevedibile. Ho paura di trovarmi in carcere pur avendo rispettato tutte le leggi sul lavoro. Della mia paura, però, potrebbe non fregarvi un tubo. Lo capirei. Ma vi prego preoccupatevi dei miei figli, di mia moglie. Perché per uno stipendio alto devo correre il rischio di dover abbondonare la mia casa per un carcere? Perché?
Amo essere manager e imprenditore, ma vorrei farlo in un Paese che crede nella buona fede di chi investe e amministra. Vorrei poter essere un Enzo Ferrari dei giorni nostri.