L’accattoneGli hipster hanno rovinato Pigalle

Nel quartiere a luci rosse che fu, dove abitavano Toulouse Lautrec e Renoir, oggi si mangiano bagel e cupcakes, i supermercati sono bio e nelle boulangerie si può chiedere la pasta senza glutine....

Nel quartiere a luci rosse che fu, dove abitavano Toulouse Lautrec e Renoir, oggi si mangiano bagel e cupcakes, i supermercati sono bio e nelle boulangerie si può chiedere la pasta senza glutine. E la colpa non è della gentrification, come ci si potrebbe aspettare, che ha cacciato i poveri in banlieues e riempito i quartieri più pittoreschi e popolari di borghesi. La colpa è degli hipster. E’ l’opinione di Thomas Chatterton Williams sul New York Times (leggi qui l’articolo) e vivendoci non posso che confermare. Una volta il quartiere si chiamava giusto Saint Georges, ora è South Pigalle o SoPi, in una strana brooklinizzazione che ha fatto perdere l’identità al luogo. Gli arrondissement parigini presentano quella caratteristica al tempo stesso affascinante e sgradevole che qui chiamano “mixité sociale”: una stratificazione di popolazioni diverse che convivono più o meno serenamente. Negozi di chitarre, sale da concerto, sexy shop, grandi aziende, palazzi borghesi e meno borghesi, turisti diretti a Montmartre e decine di bar “à hôtesses”, con transessuali e anziane signore in pelliccia, puntualmente chiusi dalla prefettura per “favoreggiamento della prostituzione” e riaperti dopo pochi mesi. E le borghesi dei palazzi haussmanniani si fermavano a fumare una sigaretta con le hôtesses fuori dai bar scambiando due chiacchere sul clima senza indugi. Ora di questi locali ne restano sì e no una ventina (erano 84 solo nel 2005) e quelle poche hostess rimaste, sempre sulla soglia dei bar con la pancia che sbrodola fuori dai pantaloni e il top leopardato, sembrano pesci fuor d’acqua. Abbondano ristoranti ricercati, pizzerie dove la pasta è integrale o caffè canadesi dove l’espresso ha un gusto acidognolo e buonissimo e la gente passa le mattinate a lavorare sui propri iPad. Cose che si ritrovano ovunque, da San Francisco a Stoccolma. Non sembra ma era meglio prima. Sempre il New York Times si deprime affermando che “una parte della Parigi autentica è stata spazzata via non dall’attivismo “not-in-my-backyard”, per ordinanza comunale o dalla rapacità di Starbucks e McDonald’s ma dalla banale globalizzazione del buon gusto hipster”. 

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