Sarà capitato a chiunque, almeno una volta nella vita, di essere sul punto di buttare un vecchio maglione infeltrito o un’orrenda camicia a quadri bisunta o un paio di improbabili pantaloni a zampa di elefante. Di conseguenza vi sarà anche capitato che uno dei vostri familiari – ad esempio “genitore 1” o “genitore 2” – vi abbia prontamente fermati e urlato, con l’aria di chi se ne intende: “Ma sei impazzito? Quella è roba vintage; prima o poi ritornerà di moda! è figa, è cool!”. Innati rudimenti di marketing proto-modaiolo acquisiti per via meramente esperienziale.
Con gli stessi rudimenti marketing-oriented può essere spiegato l’odierno andamento della politica italiana. A sinistra si assiste ad una nostalgica deriva centrista, neo-democristiana, in cui il comunista di sagrestia Matteo Renzi funge da Marketing Manager. Alla sua convention politica al teatro Leopolda, armato di microfoni anni ’50 (fighissimi) e sorretto da una vasta cultura dell’ovvio e del pressappochismo, si è eretto a rifondatore di una sinistra smarrita, sempre più lontana dal “sol dell’avvenir”. Il sindaco di Firenze però non dice “cose di sinistra”, parla per slogan seguendo passo passo le istanze più basilari del marketing: catturare l’attenzione, ammaliare, convincere, far acquistare il prodotto. Sembra che stia reclamizzando una crema anti-età a base di alghe provenienti da Mururoa o una nuova merendina al gusto cianuro dalle miracolose proprietà dietetiche e purificanti. Alla Leopolda, in quell’atmosfera vintage e radical-chic, tra microfoni retrò e luci soffuse, tra tazze e T-shirt con l’effige del super sindaco, si sarebbe dovuto parlare di sinistra e di Italia e non tenere un seminario sul product marketing management. Renzi sarà pure giovane, trendy e figlio dei social network e della TV commerciale di Berlusconi (fu concorrente de “La ruota della fortuna” nel 1994) ma dichiarare tutto e il contrario di tutto – “Mai più larghe intese e questo non significa essere contro il governo” oppure “La sinistra che non cambia si chiama destra” – non sembra essere poi tanto “cool” ma al massimo “para-cool”. In un’epoca iper-mediatica e sovra esposta alle trappole “markettare”, Renzi vincerà di certo le primarie del Pd e avrà un ruolo di spicco alle prossime elezioni. Non buttate i vostri vecchi vessilli con lo scudo crociato e la scritta Libertas, stanno per tornare di moda.
A destra invece, ritroviamo – più vivo e vegeto che mai – colui che grazie al marketing elettorale ha costruito il proprio ventennale successo, tanto che potrebbe tenere “lectio magistralis” in tutte le Business School del mondo (anche alla Leopolda). Il mai domo (fu)cavaliere Berlusconi, riuniti i suoi fidi crociati dell’esercito di Silvio, ha da pochi giorni rifondato Forza Italia. I recenti dissidi con l’ex pupillo Alfano e le guerre intestine tra falchi, falchetti, colombe e passere (sic) hanno costretto il pregiudicato di Arcore a porre fine alla fusione avvenuta il 18 novembre 2007. Berlusconi quel giorno si presentò in piazza San Babila a Milano, salì sul predellino di un’auto e annunciò urbi et orbi la nascita di un nuovo soggetto politico. Mentre da un lato la stragrande maggioranza degli italiani imparava un nuovo vocabolo, “predellino”, dall’altro nasceva – ovviamente in diretta TV – il Popolo della Libertà.
Per il ritorno a Forza Italia 2.0, stavolta, niente predellino (peccato) e niente folla di gente, nessuna festa e poche bandiere. Solo i fedelissimi di sempre: Gelmini/Santanchè, Gasparri/Brunetta, il “duo coerenza” Razzi/Scilipoti, gli scodinzolanti Dudù/Capezzone. Oltre alla ricomparsa del vecchio logo, è apparso anche il nuovo slogan: “Ancora in campo per l’Italia”. L’operazione di marketing consisterà nel riutilizzo delle stesse tecniche di comunicazione che fecero la fortuna del centrodestra nella vittoriosa campagna elettorale del 2001 ma, ovviamente, adeguate ai tempi moderni: è prevista infatti una massiccia campagna di “viral marketing” via internet (come fa anche Renzi). Molti italiani hanno già ricevuto su facebook, twitter o via mail una comunicazione di Silvio Berlusconi che li invita a mobilitarsi per la “ridiscesa in campo” del nuovo/vecchio partito.
Sia Renzi che Berlusconi attuano lo stesso piano di marketing, le stesse strategie, gli stessi strumenti di comunicazione e hanno lo stesso target elettorale di riferimento. Trova le differenze: berlusconismo imperante o colpa della moda?