Tutto da rifare. Come anticipato da Linkiesta, il consiglio di sorveglianza della Popolare di Milano ha chiesto al consiglio di gestione di convocare «senza indugio» un’assemblea per il rinnovo della governance. Nel frattempo, proprio per l’incertezza legata a chi decide cosa nella stanza dei bottoni ha comportato il declassamento dell’istituto da parte di S&P. L’agenzia di rating ha assegnato BB- con prospettive negative a Piazza Meda per via dell’uscita di Piero Montani, top manager vicino a Bankitalia. È questo dunque il verdetto dopo una riunione del cds durata sei ore ieri e tutta la giornata di oggi. Una situazione di completa rottura causata anche dal cambio di fronte del finanziere Raffaele Mincione, secondo azionista con il 7% della banca, schieratosi contro Bonomi sulla decisione di limitare il rinnovo al consiglio di gestione. Un cambio di rotta, secondo varie indiscrezioni di stampa, dovuto alla marcia di avvicinamento di esponenti degli ex Amici della Bpm, sciolta da via Nazionale.
Quella di Mincione è comunque una voce fuori dal coro dei legali, da Portale a Marchetti a Benessia (per il cds), che hanno supportato invece questa possibilità, ovvero la facoltà – da parte di un cds in uscita – di rinnovare il cdg. Il pallino ora passa alla Banca d’Italia: l’aumento di capitale da 500 milioni per ripagare i Tremonti Bond va varato entro il 30 aprile, termine ultimo accordato dalle banche del consorzio di garanzia. Secondo indiscrezioni l’assemblea si dovrebbe tenere tra il 7 e il 20 di dicembre. Intanto si fanno più insistenti le voci che danno Lamberto Dini come papabile nuovo presidente, e di un suo ruolo di contatto tra Bankitalia e Mincione. Peccato che il diretto interessato abbia “solo“ 83 anni. Negli ultimi mesi Bankitalia ha ammorbidito notevolmente le sue posizioni, e visto il rischio concreto di commissariamento sembra abbia avallato l’anticipo dell’assemblea per rendere finalmente governabile l’istituto. Per la poltrona di amministratore delegato rimane in pole position l’ex Banca dei Territori Castagna, su cui ci sarebbe ampia convergenza. Tra le voci che circolano c’è quella secondo cui una cordata di imprenditori lombardi si starebbe aggregando per sostenere l’aumento di capitale e, magari, puntare alla maggioranza delle quote.