Si sono fermate in un angolo durante l’Assemblea Nazionale del Pd di ottobre, la ministra Maria Chiara Carrozza e Nicoletta Zuliani, consigliera del PD di Latina e insegnante di Lingua e Letteratura Inglese nella scuola superiore, per confrontarsi proprio sull’insegnamento della lingua straniera nelle scuole.
Ho fatto presente alla Ministra, racconta la Zuliani, che noi siamo l’unico Paese che permette di insegnare le lingue straniere con la semplice abilitazione. Servirebbe invece, come avviene dappertutto, una certificazione internazionale di un Ente esterno e qualificato che attesti la conoscenza della lingua straniera….perchè solo questo garantirebbe la qualità.
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E la Carrozza? “Mi ha ascoltato con molto interesse e mi ha detto di inviarle un promemoria, che però per ragioni di tempo ancora non preparo”, ha detto la Zuliani, che aggiunge:
“E non è solo questo…in tutto il mondo per imparare una lingua straniera si fa un test d’ingresso e si viene collocati in una classe per competenze omogenee. In Italia, invece, abbiamo gruppi classe con competenze miste (da elementary a advanced) con notevoli problemi di frustrazione per gli studenti più deboli e di noia per gli studenti a livello più avanzato: in entrambi i casi gli studenti soffrono della mancata efficacia dell’intervento didattico che, nel frattempo, deve pensarle tutte per cercare di omogeneizzare le competenze.
Per quale motivo continuiamo ad inventarci stranezze didattiche come il CLIL, (materie curriculari insegnate in lingua straniera da insegnanti italiani che certificano il proprio livello C1 del Quadro di Riferimento delle L2) se in tutto il mondo è ormai appurato che le lingue si imparano per livelli di competenza omogenei? Siamo masochisti?
Andrà modificato qualcosa nel sistema, oppure no? E’ un fatto provato che l’inglese non è il forte dei nostri studenti, a meno che non lo imparino altrove”.
Come vede la sperimentazione annunciata in questi giorni dal Ministro sulla riduzione degli anni scolastici da 5 a 4?
“L’esigenza di accorciare il percorso scolastico è condivisa da diversi autorevoli esponenti del mondo dell’educazione, tra cui il prof. Vertecchi, che concorda sulla necessità di ripensare il percorso in termini di tempo.
Quando una proposta così significativa e foriera di grandi mutamenti si “abbatte sul terreno” della scuola, iniziano accese e talvolta feroci discussioni.
Se da una parte è vero che una riduzione a 4 anni del percorso delle scuole superiori di secondo grado porterebbe, come affermato dai sindacati, ridurre la spesa della scuola a scapito dei docenti – riduzione di anni scolastici significa riduzione del monte ore e quindi di cattedre, nonché posti di lavoro – dall’altra parte metterebbe i giovani diplomati nelle condizioni di anticipare l’ingresso nel mondo degli studi universitari o del lavoro rispetto ai colleghi degli altri paesi soprattutto extraeuropei“.
Non bisogna dimenticare comunque, sottolinea Nicoletta Zuliani, che quando si parla di scuola l’obiettivo prioritario sono gli studenti. Vale la pena quindi valutare le proposte sulla scuola mettendoci sempre nei loro panni. Per migliorare la scuola però è necessario l’ascolto delle parti…” Abbiamo uno strumento partecipativo importante: gli Stati Generali della Scuola. Perché non convocarli quando le decisioni ancora non sono state prese? Perché non avviare una grande campagna di ascolto per una vera riforma partecipata?”, chiosa la Zuliani che sottolinea come la scuola sia il nodo cruciale di tutti i cambiamenti del nostro paese, il “punto riflesso” sul quale si può e si deve agire per ottenere ripercussioni e ricadute su versanti distanti: integrazione, violenza, droga, disoccupazione.