Questa è una storia di amicizia e di musica. Più di amicizia che di musica.
È una storia iniziata tanti anni fa, forse nel 1980, forse per quel terremoto che violentò il sud Italia. Ed è la storia di un gruppo di ragazzi e ragazze che vengono dalla Lucania: chissà, proprio perché violentemente “scossi” dal sisma, iniziano allora a far brillare energie e intelligenze. Ad esempio creando un bellissimo studio di registrazione proprio là, in quella Basilicata ancora ben lontana dalla Passion di Mel Gibson.
Non si può non partire da lontano, per raccontare la nuova avventura musicale di due anomali autori e compositori come Rocco De Rosa e Canio Loguercio. Il primo, De Rosa, raffinato musicista e autore di cd memorabili (a cominciare da tutta l’avventura di Kufia, di Trasmigrazioni e dei mitici cd de Il Manifesto); l’altro, Canio Loguercio, architetto di formazione, agitatore culturale di vocazione e poeta musicale per passione.
Abbiamo incontrato spesso le mirabolanti avventure spettacolari di Canio Loguercio, dandone anche conto in recensioni che non potevano prescindere da divertimento, stupore e meraviglia per il percorso – al tempo stesso appartato ma vivacissimo – di questo unico chansonnier, che ha eletto il napoletano, e la tradizione canora e compositiva partenopea, a terra di re-invenzione continua. Dunque, qualche sera fa, nello scenario accogliente dell’Apollo 11 (spazio “occupato” che, come altri a Roma, tiene alta la vivacità culturale di una città ormai sfranta), Loguercio e De Rosa hanno fatto una piccola “festa” in forma di concerto, un incontro informale tra molti che si ritrovavano anche, ma non solo, in nome dell’amicizia. “Amaro Ammore” è il nuovo libro con cd del duo: ed è un omaggio appassionato non solo alla sofferenza d’amore – cardine e centro della creazione poetica di Loguercio – quanto al ricordo, alla nostalgia, all’affetto per un amico che non c’è più. La serata, come sempre nel codice creativo di Loguercio, ha avuto un forte impianto teatrale, ancorché visibilmente e volutamente “destrutturato”. È, il suo, un rincorrere le emergenze, un giocare al ribasso, un suggerire, più che presentare, sempre “altro”. Sembra quasi che volutamente Canio Loguercio demistifichi il proprio lavoro, con un undestatement che relega apparentemente in secondo piano le canzoni. Dunque attenzione per tutto, accoglienza per gli altri, e poi, forse, il loro cd: meglio far parlare il lavoro degli amici. Dai bellissimi video di Antonello Matarazzo, al racconto critico di Pinotto Fava; dalla straordinaria, coinvolgente, emozionante voce di Maria Pia De Vito alla testimonianza del regista Massimiliano Civica, che diresse uno dei primi spettacoli di Loguercio. E c’è ancora spazio per lo “scherzo” di Andrea Satta e dei Tetes de Bois, che evoca sapientemente Giorgio Gaber, passando per il coinvolgente organetto di Alessandro d’Alessandro o per la cantante Catalina Diaz. Ma c’è anche il tempo per il racconto – tra autobiografia e ricordo politico – di Cecilia D’Elia, che, giovanissima, di quel gruppo di lucani faceva parte. Sullo sfondo sembrano restare le belle canzoni, come la struggente Cumpà, dedicata proprio a quel “compare”, a quell’amico che non c’è più: Pasquale Trivigno, musicista e ingegnere del suono dal cuore grande e dall’animo delicato, che fu alle spalle di tante iniziative culturali e musicale della sua Basilicata. Il libro con cd, edito da Edizioni d’If, è un raffinatissimo viaggio tra creazioni originalissime (un testo è anche a firma Gabriele Frasca) e languidi memoires, tra evocazioni della migliore canzone napoletana a drum’n’bass, etno, senza disdegnare techno e acid jazz. Allora il concerto di Loguercio e De Rosa è un poetico racconto di vite vissute, di amori andati, di storie perse. È la storia di amici che suonano ancora, sorprendendosi e divertendo, mentre si guardano attorno, spaesati, feriti forse da una vita che non lesina nulla. Restano sorrisi, a nascondere lacrime.