E ora qualcosa di completamente diversoNon me l’aspettavo, veramente

Ovvero Electrolux, l'ennesimo caso di pessima politica industriale   In queste settimana nel produttivo Nord-Est si sta consumando l'ennesimo delitto di una lunga serie. Il delitto in questione non...

Ovvero Electrolux, l’ennesimo caso di pessima politica industriale

In queste settimana nel produttivo Nord-Est si sta consumando l’ennesimo delitto di una lunga serie.

Il delitto in questione non è previsto nel codice penale; nessuno sarà accusato o processato per quanto sta accadendo. Anzi, dirò di più: il colpevole consolerà le vittime indicando loro un capro espiatorio. Un piano perfetto se non fosse per un motivo: il colpevole non guadagnerà nulla dalla sua azione, anzi. Un delitto stupido nel senso di Carlo M. Cipolla.

Delitto, etimologicamente, è un termine latino legato al verbo delinquere che significa “lasciare indietro, mancare”, quindi “commettere una mancanza, una colpa”.

Il delitto di cui parlo potremmo chiamarlo: inettitudine. Si sostanzia, nel caso specifico, come la mancanza di capacità di uno o più soggetti delegati nel capire i cambiamenti e gestirli per il benessere collettivo. I delegati in questione sono i rappresentanti della politica, delle associazioni di categoria e dei sindacati. Un reato grave, soprattutto quando il risultato di azioni compiute per inettitudine si misura in termini di effetti economici concretamente negativi.

Come molti avranno letto o sentito, l’Electrolux ha deciso di ridimensionare la sua operatività in Italia. Si tratta di una scelta strategica che tocca quasi la metà degli stabilimenti italiani; precisamente quelli di Porcia in Friuli, Susegana in Veneto, Solaro in Lombardia e Forlì in Emilia Romagna. In tutto, si parla di una contrazione della forza lavoro che coinvolgerà 1550 lavoratori (sui 5715 in Itala) fra il 2014 e il 2016. Il repentino trasferimento di una parte della produzione in Polonia e Ungheria porterà a un immediato taglio del personale pari a 261 operai (46 a Porcia, 140 a Susegana e 75 a Solaro) e 200 impiegati (la maggior parte a Porcia): un calo dell’8% della forza lavoro.

Esistono molteplici ragioni che spiegano questa scelta da parte dell’azienda. Nell’ottimo articolo di Sara Banfi e Silvia Favasuli si fa il quadro della situazione del mercato degli elettrodomestici bianchi sia a livello di produzione che di consumo: in sostanza, da noi non si vendono elettrodomestici e produrli costa troppo. Meglio quindi ridurre la capacità produttiva.

Questa “narrazione” dell’economia del Paese Italia non dovrebbe più sorprendere nessuno, tantomeno i sindacati, i politici o confindustriali. Invece, solo oggi ogni forma di grido d’allarme emerge dagli ambienti che avrebbero dovuto sorvegliare la situazione e provi rimedio in tempo. E di tempo ce n’era.

Infatti, l’Electrolux occupava nel 2008 circa 7515 lavoratori in Italia: solo in USA Electrolux aveva una presenza in termini occupazionali maggiore. Stando al piano presentato dall’azienda, entro il 2016 in Italia lavoreranno circa 4165 persone, con un calo dal 2013 al 2016 pari al 27%. Quindi, il calo totale dal 2008 al 2016 sarà pari al 45%. Ma già dal 2008 al 2012 la forza lavoro in Electrolux è calata del 24% arrivando a 5715 persone: 1800 persone in meno, un numero superiore ai 1550 previsti nei prossimi anni.

Però, la riduzione del personale fra il 2008 e il 2012 non sembra esser stata un problema: se ne trovano rare tracce sui quotidiani nazionali, nonostante che fra il 2008 e il 2009 la forza lavoro cali del 9% e fra il 2009 e il 2010 del 10%, riduzioni superiori a quelle che hanno portato la politica o le associazioni industriali ad alzare la voce in questi giorni.

Finalmente, dopo 5 anni, il tema diventa centrale.

In un mondo sempre più globalizzato, ritardare una risposta a un problema di 5 anni è chiaramente una dimostrazione d’incapacità. Non basta ora fare presidi davanti agli stabilimenti colpiti, lamentarsi con i politici o incolpare l’allargamento dell’UE ai paesi a basso costo del lavoro. Non si può certo dire che nessuno se l’aspettava.

Lo spostamento della produzione in Polonia è per Electrolux una scelta obbligata da tempo: il mercato langue in tutta Europa tranne che in Russia. Però non si pensi che in Polonia e Ungheria Electrolux costruirà una nuova fortuna! L’Ungheria ha visto contrarsi la forza lavoro di Electrolux di 1000 unità dal 2008 al 2012 (da circa 4000 a circa 3000) e la Polonia ha visto cresce la presenza di Electrolux di sole 400 unità nello stesso periodo. Più che delocalizzazione, stiamo assistendo a una prevedibilissima contrazione dell’azienda in Europa: tra il 2008 e il 2012 l’Electrolux ha ridotto gli occupati in Europa del 23% (da circa 28.100 a circa 21.600), e nell’Europa dell’Est ha lasciato a casa il 16% della forza lavoro.

Inoltre, quale parte del mercato degli elettrodomestici bianchi arranca? Stando ai dati forniti dall’azienda nell’estate del 2013, i mercati sia di chi acquista per sostituire un apparecchio vecchio, sia di coloro che per la prima volta comprano un elettrodomestico reggono. Un forte crollo si è avuto nel mercato di chi cambia casa: in una condizione di mercato immobiliare stagnante, era prevedibile tale riduzione.

Tutto questo è accaduto negli ultimi 5 anni, un tempo sufficiente per organizzare una risposta, che non c’è stata. Per questo si può parlare di un delitto: segnali prevedibili che avrebbero dovuto mettere subito in allerta le parti delegate a gestire le continue transazioni e cambianti del sistema sono stati colpevolmente ignorati in un settore cruciale per il paese, che aveva visto le sue quote di mercato scendere gradualmente fin dal 2002.

Ora, fra chi produce molti perderanno il lavoro: operai e impiegati. Nulla accadrà a chi ha commesso il delitto. Anzi, le colpe verranno distribuite fra la cattiva Electrolux, la cattiva UE e i cinesi, che ci stanno sempre bene: un altro caso di colpevole impunità.

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