I gessetti di SylosQuesta discussion​e oziosa e in malafede sulle pensioni

Da tempo è cominciata una discussione, che monta sempre di più, sulle cosiddette pensioni "alte" o addirirttura "d'oro". Si diffondono dati in evidente malafede come quando si dice che più o meno l...

Da tempo è cominciata una discussione, che monta sempre di più, sulle cosiddette pensioni “alte” o addirirttura “d’oro”. Si diffondono dati in evidente malafede come quando si dice che più o meno la stessa cifra (45 contro 51 miliardi) si paga per le 861 mila pensioni superiori a 3.000 euro (pari al 5,2% dei soggetti) e per i 7,3 milioni di percettori di pensioni inferiori a 1.000 euro (44,7% dei soggetti). E’ questo un sistema scorretto di presentare le cose, perché non si dice per esempio come hanno contribuito alle entrate dell’Inps le due categorie. Nei 7,3 milioni ci sono tante persone che ricevono pensioni (la maggior parte dei quali giustamente, per carità) senza aver versato un soldo di contributi, o avendoli versati in misura palesemente irrisoria, e che quindi devono essere posti a carico della fiscalità generale. Poi gira anche una proposta di ricalcolare con il sistema contributivo le pensioni determinate con il sistema retributivo, in modo che poi venga sottoposta a tassazione straordinaria la differenza, in barba ai diritti acquisiti. Pare che lo stesso ministro Giovannini sia portatore di questa proposta. Se l’obiettivo è quello di colpire soprattutto le pensioni “alte” temo che si andrà incontro a qualche sorpresa. Infatti la determinazione delle pensioni con il sistema retributivo avviene secondo un meccanismo a scaglioni di reddito lavorativo che è regressivo. Mi spiego. Quando si dice che con 35 anni di lavoro si prende come pensione il 70% della retribuzione, e con 40 anni l’80%, è perché la legge stabilisce che si debba calcolare il 2% per ogni anno lavorativo (2×35, o 2×40 nei nostri esempi) e poi applicare questa percentuale alla media delle retribuzioni degli ultimi dieci anni rivalutate secondo il tasso di inflazione. Ebbene, questi parametri però sono validi solo per i redditi da lavoro fino a un importo limitato, che quando il sottoscritto ha fatto delle verifiche ricordo che fosse intorno ai 38.000 euro annui. Superata questa cifra le percentuali da moltiplicare con gli anni decrescono per scaglioni successivi fino ad arrivare a uno 0,9% annuo per la parte di reddito che superava (se ricordo bene) i 78.000 annui. Questo vuol dire che per la parte di reddito eccedente quella cifra la pensione è pari al 31,5% (0,9 x 35) della retribuzione dopo 35 anni e al 36% dopo 40 anni (0,9 x 40), e ciò nonostante i contributi versati siano stati calcolati sull’intero ammontare della retribuzione. Oggi le predette cifre possono essere cambiate, ma senz’altro rersta il fatti che alla fine di questo conteggio per scaglioni, la pensione si riduce drasticamente al crescere della retribuzione percepita. Vi posso assicurare che alla fine, per il gioco dei diversi scaglioni, la pensione può arrivare a essere anche di molto inferiore alla metà della retribuzione lavorativa. Allora mi chiedo: siamo sicuri che riconteggiando tutto con il sistema contributivo verrebbe a tutti una pensione sensibilmente inferiore? Io ho qualche dubbio perché, ripeto, i contributi versati in attività lavorativa sono stati determinati sull’importo globale della retribuzione e senza gli scaglioni regressivi cui invece è sottoposto il calcolo della pensione. Il ricalcalo forse darà una differenza significativa per i dipendenti pubblici e per alcune gestioni “speciali” che hanno criteri tutti loro diversi da quelli dei semplici cittadini del settore privato che ricevono la pensione dall’Inps. Sono quei criteri “speciali” che forse vanno cambiati in modo da perequarli agli altri.

Ma questa proposta, che appare alquanto bislacca, merita anche un’altra osservazione. Mettiamo che sia vero che tutte le pensioni “retributive” si siano appropriate di quote non corrispondenti ai contributi versati. Chi ha coperto in questo caso la differenza? La tassazione generale, si dirà. Bene, e chi è stato sottoposto a questa tassazione generale? I dipendenti mi pare, o no? Quindi comunque i lavoratori dipendenti, di qualsiasi livello, hanno coperto la spesa pensionistica finora, o con i contributi sociali o con l’Irpef. Ma poi, tutti gli studi seri sull’argomento sono giunti alla conclusione che dopo tutte le riforme di questi anni, il sistema pensionistico italiano è uno dei più sostenibili dell’Ue, anche più di quelli francese e tedesco. E allora? E allora si tratta della solita caccia alle farfalle di chi non sa che pesci pigliare e si attacca anche alle cose più astruse, alimentando peraltro un’inutile polemica tra generazioni che serve solo a stornare, in maniera abbastanza vile e pericolosa, l’attenzione dai veri responsabili del nostro sfascio. Oltre tutto quelle pensioni in molti casi servono a compensare i redditi insufficienti dei figli. Qui non si contesta l’eventuale necessità di una maggiore contribuzione alle entrate pubbliche in maniera ancora più progressiva, quello che si chiede è che lo si faccia in modo palese, aumentando le aliquote Irpef per i redditi alti, e non in modo occulto e subdolo riducendo pensioni e bloccando le indicizzazioni. Mi sembra la stessa polemica che ogni tanto monta tra i lavoratori cosiddetti tutelati e gli altri non tutelati, o tra lavoratori anziani e giovani disoccupati. Si è visto il risultato dell’aver dato ragione a quella polemica, si sono fatte tante leggi che hanno aumentato il numero dei precari senza aumentare stabilmente l’occupazione, anzi si è alimentato il declino attraverso lo svilimento del lavoro. Davvero i giovani pensano che le eventuali somme che verrebbero sottratte ai pensionati verrebero dirottate a loro? Bisognerebbe essere veramente ingenui per pensarlo. Son tutte polemiche che servono solo a nascondere la responsabilità di chi ci ha governato e ci governa tuttora.

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