Nei giorni scorsi una ricercatrice italiana, Laura Merotto, veneta di 35 anni ha vinto un prestigioso premio internazionale, l’Euwiin International Awards 2013.
Poteva essere l’occasione per esprimere un po’ di sano orgoglio nazionale, visto che oltretutto la dottoressa Merotto lavora e opera nel nostro Paese. Un piccolo segnale di speranza nella grande crisi, una luce nel buio.
E invece sarà l’ennesima vergogna. Perché Laura Merotto non potrà andare a Stoccolma a ritirare il suo premio. Non potrà perché il suo contratto è scaduto il 31 ottobre e lei, senza stipendio, non può permettersi il viaggio.
Laura Merotto fa ricerca dal 2005. E’ una delle promesse della nostra ingegneria aerospaziale e sta lavorando a progetti innovativi per lo sviluppo di tecnologie ecosostenibili per i viaggi nello spazio. Il suo curriculum brilla per le numerose collaborazioni internazionali ma è una semplice assegnista, il grado più basso nella gerarchia universitaria. La sua carriera è bloccata aspettando un concorso, sempre più un sogno nell’Università paralizzata da baroni e fondi ridotti al lumicino.
La senatrice Laura Puppato (PD) ha presentato un’interrogazione parlamentare sul tema, cercando di sollecitare l’attenzione del Governo. Ma la storia di Laura Merotto non è un’eccezione nell’Italia che non riesce a proteggere i suoi talenti. Il sistema della ricerca, che vista la genialità italiana in tutti i campi potrebbe essere -insieme all’arte- la scintilla che cerchiamo per uscire dalla crisi, declina sempre di più. Servirebbe una riforma profonda e uno scatto di dignità che non arriva.
Bisogna intervenire subito prima che Laura Merotto e gli altri cedano e se ne vadano in una terra più accogliente. Bisogna che tutti, dall’opinione pubblica alla politica, capiscano che ogni cervello che fugge è un danno inestimabile per tutti gli italiani.