Un mistero al Premio Scerbanenco

Siamo una nazione in cui i premi letterari generano sempre molte polemiche. L'ultima è di ieri e l'ha lanciata lo scrittore Raul Montanari con una lettera aperta pubblicata su Facebook e su alcuni...

Siamo una nazione in cui i premi letterari generano sempre molte polemiche. L’ultima è di ieri e l’ha lanciata lo scrittore Raul Montanari con una lettera aperta pubblicata su Facebook e su alcuni blog letterari e indirizzata al premio Giorgio Scerbanenco-La Stampa, la cui premiazione si svolgerà nell’ambito del Festival del Noir di Courmayeur, il 12 dicembrere 2013.

In sostanza la polemica di Montanari , o l’incazzatura se la si vuol chiamare con le giuste parole, si basa sulla constatazione della più completa inutilità del voto popolare ai fini della decisione della cinquina finalista, e quindi anche della premiazione finale.

Riassumiamo i fatti: dal voto popolare, avvenuto via internet previa complessa (e a quanto pare invasiva) procedura di iscrizione che garantiva al massimo l’unicità del voto è venuta fuori una cinquina così composta (cito la lettera di Montanari, tra parentesi quadre il numero dei voti):

1. Massimo Donati, Diario di spezie, Mondadori [222]

2. Fabrizio Canciani, Acqua che porta via, Todaro Editore [156]

3. Erica Arosio & Giorgio Maimone, Vertigine, Baldini & Castoldi [113]

4. Claudio Paglieri, L’enigma di Leonardo, Piemme [98]
5. Romano De Marco, A casa del diavolo, Fanucci [69]

Si tratta di una cinquina molto diversa, però, da quella che è la cinquina ufficiale, ottenuta sommando i voti del pubblico con i voti “ponderati” di una giuria composta da Cecilia Scerbanenco, Valerio Calzolaio, Luca Crovi, Loredana Lipperini, Sergio Pent, Sebastiano Triulzi e John Vignola. Una cinquina ufficiale che suona così:

1. Donato Carrisi, L’ipotesi del male, Longanesi [964]

2. Simone Sarasso, Il paese che amo, Marsilio [701]

3. Claudio Paglieri, L’enigma di Leonardo, Piemme [578]

4. Massimo Gardella, Chi muore prima, Guanda [492]

5. Marco Malvaldi, Milioni di milioni, Sellerio [484]

Osservando i numeri tra parentesi potrebbe sembrare una votazione limpida, ottenuta conteggiando un voto dopo l’altro. Ed effettivamente così è, se non fosse che i voti “ponderati” della giuria valevano 160 voti popolari. Fatto che spiega bene il terremoto che ha reso la classifica ufficiale decisamente altra da quella popolare. Leggiamo il commento di Montanari a proposito:

«Per dare un’idea di quanto poco contassero i voti della giuria popolare, si noti che il primo classificato della cinquina definitiva, Donato Carrisi, aveva avuto quattro, ripeto: QUATTRO voti dai giurati popolari e si ritrova in finale con 964 voti, mentre Donati (222 voti popolari), Canciani (156 voti popolari) e gli altri se ne vanno a casa! E che dire del mio amico Marco Malvaldi? I giurati popolari avevano dato quattro, ripeto: QUATTRO voti anche a lui, eppure eccolo nella finale con 484 voti totali».

Ora, si può accettare tranquillamente che un premio venga attribuito fregandosene del giudizio dei lettori. Succede spesso in letteratura, e anche vale la stessa cosa anche per il cinema, per la musica e per molti altri campi artistici. Ma allora perché coinvolgere più di 1000 lettori in una votazione che alla fine non conta nulla? Perché non contare direttamente sui voti della giuria e fregarsene del pubblico?

La risposta a queste domande resta un grande mistero. E il risultato di un premio che in teoria dovrebbe avere la funzione di diffondere e legittimare un genere come il noir, considerato spesso come subalterno ad altri generi più nobili, è l’esatto contrario di quanto avrebbe dovuto, raggiungendo due importanti obiettivi, cito Montanari:

1. Il ben noto complesso di inferiorità del noir non ha più ragione di esistere: avete dimostrato che nel mondo del noir ci si comporta esattamente come nelle liturgie dell’esecrata letteratura “alta”. L’allineamento è avvenuto al peggio e non certo al meglio, ma questo non deve preoccuparvi.

2. E quei poveri di spirito che mettono in dubbio che il noir sia lo specchio della società? Eccoli serviti da questa perfetta metafora dell’Italietta nostra: un popolo di caproni che votano, illusi che la loro volontà collettiva conti qualcosa, mentre questa volontà viene tranquillamente sovvertita.

Congratulazioni

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