Addio Holden
La notizia del momento in Australia è l’annuncio di General Motors di chiusura, alla fine del 2017, degli stabilimenti Holden, il marchio dell’automobile australiana.
Pur essendo di proprietà General Motors dal 1931, il marchio australiano viene considerato a pieno diritto un orgoglio nazionale, simbolo degli anni della prima motorizzazione di massa del dopoguerra.
Ovviamente la notizia ha scatenato un furioso ping pong di accuse tra il Governo federale (in carica da poco più di tre mesi) guidato dal Liberale Tony Abbott e l’opposizione laburista e i sindacati che lamentano uno scarso “supporto” all’industria automotive e al suo indotto.
Il timore è che si accentui ancora di più il processo di deindustrializzazione dell’economia, iniziato nei primi anni ’90 dai Governi Laburisti dell’era Hawke-Keating.
Ma è proprio un male, si chiedono autorevoli editorialisti ?
L’Industria dell’auto ha ricevuto nell’ultimo decennio 19 miliardi di dollari australiani in sussidi e protezioni, a fronte di magri risultati in termini di competitività e posti di lavoro (in costante declino quelli Holden, passati dai 6300 del marzo 2009 ai 2900 di oggi). L’Industria Automotive in generale impiega ancora 50000 australiani e 250000 posti di lavoro in totale sono da essa dipendenti. Sia la precedente Premier Julia Gillard (Labor Party) che l’attuale inquilino Liberale di Canberra hanno sostenuto con forza l’idea che una moderna economia debba avere una forte industria auto motive. Ma non è così per quasi nessuno dei paesi a più alto reddito pro capite del mondo: Svizzera, Norvegia, Singapore.
Il Processo di De-industrializzazione dei paesi occidentali non nasce oggi e proseguirà inesorabilmente secondo Enrico Moretti, autore del celebratissimo “La Nuova Geografia del Lavoro”. Le Economie occidentali dovranno spostarsi sempre più verso l’innovazione e l’economia post-industriale, lasciando la manifattura agli emergenti, ricchi di manodopera a costo assai più competitivo.
Anche in Australia l’alto costo del lavoro e la forza del dollaro rendono sempre meno competitive le attività manifatturiere. Ormai non restano che i 2500 addetti della Toyota. Ma anche il colosso giapponese ha dato brutte notizie: chiede, per poter rimanere, un nuovo contratto e tagli salariali senza precedenti, senza alcuna prospettiva d’investimento negli impianti di Altona. Un “Prendere o lasciare” che a qualcuno potrebbe ricordare i referendum FIAT di Pomigliano e Mirafiori.
Il Governo federale intanto ha annunciato un piano da 100 milioni di dollari per aiutare i lavoratori a trovare una nuova occupazione. L’Australia ha da anni un ottimo sistema di ammortizzatori sociali e di formazione/riqualificazione per i lavoratori, simile a quello dei paesi scandinavi, che ha dato ottimi risultati. Il Tasso di disoccupazione è bassissimo e la disoccupazione di lunga durata praticamente inesistente.
Il Passaggio da un modello manifatturiero (iper-protetto e sussidiato) ad un modello post-industriale (basato su un forte settore primario, miniere e agricoltura, e terziario avanzato) ha, nel lungo periodo, portato grandi vantaggi all’economia australiana: è probabilmente un pilastro del miracolo australiano.
Almeno così è stato negli ultimi 20 anni. Vedremo nei prossimi.