I gessetti di SylosD’Alema e C. imparino da Rossini

Gioacchino Rossini (1792 - 1868), maestro indiscusso e insuperato dell'opera buffa, a 36 anni ha smesso di comporre opere, nonostante fosse all'apice del successo di critica e di pubblico. Rossini ...

Gioacchino Rossini (1792 – 1868), maestro indiscusso e insuperato dell’opera buffa, a 36 anni ha smesso di comporre opere, nonostante fosse all’apice del successo di critica e di pubblico.

Rossini ha operato nella prima parte dell’ottocento, la sua formazione estetica era quella del settecento, il suo melodramma risentiva fortemente delle poetiche e delle forme classiche, settecentesche. A un certo punto irrompe il Romanticismo. Quelle forme cominciano a essere troppo strette e coercitive per la nuova espressività romantica. Il pesarese si cimenta nella nuova atmosfera spirituale e comporrà un altro capolavoro, il Guglielmo Tell, che proverà al mondo intero che era un maestro anche nella cosiddetta Opera Seria, ma sarà la sua ultima opera. I biografi e storici della musica si interrogano da allora sui motivi di questo precoce abbandono e si danno risposte diverse. Chi scrive ritiene che Rossini aveva capito che quello romantico non era il suo mondo, che per lui comporre in quello stile avrebbe potuto pregiudicare la sincerità e la genuinità e che il Guglielmo Tell poteva essere stato un caso isolato e irripetibile. Peraltro tornare alle vecchie forme avrebbe significato regredire e copiare se stesso, e questo era inammissibile per un artista vero, il quale deve tendere sempre a dire qualcosa di nuovo in ogni sua espressione. E così, nonostante i teatri di tutto il mondo erano pronti a ricoprirlo d’oro per una nuova sua opera, Gioacchino Rossini a soli 36 anni ha detto “basta!”.

La lezione di Rossini divrebbe essere presa a modello da diversi nostri politici che in questi giorni, anzi da anni, continuano a ritenersi indispensabili quando coloro che dovrebbero servire li ritengono superati, inservibili, inutili e quindi dannosi. Questa loro caparbietà li porta al rancore e li spinge a trame sotterranee, tipiche dei frustrati, che fanno grave danno al proprio gruppo politico, e al paese quando coinvolgono organi politici dello stato. Bene sarebbe ammettere che il proprio tempo è passato, che la propria formazione è avvenuta in ben altri contesti, che le cose che si sono imparate appaiono alle nuove generazioni estranee, se non addirittura ridicole, che utilizzare gli arnesi vecchi per strutture nuove può solo rompere i “congegni”. Coraggio D’Alema, si ritiri, ma veramente e non a aprole dicendo che non farà una corrente, e poi se mai telefona a Cuperlo per dirgli cosa deve fare. Se vuol rendere un servigio al paese scriva le sue memorie. Ci dica cosa voleva dire Violante quando ricordò a Berlusconi il patto scellerato sulla base del quale non si è mai regolamentato il conflitto di interessi, ci dica cosa l’ha spinta nel ’98 a formare un governo che non aveva eletto nessuno e che ha determinato l’inizio della discesa del centro sinistra, ci parli della Bicamerale, del siluramento di Prodi nella corsa al Quirinale. Riveli la verità su queste e altre cose e avrà fatto, forse per la prima volta, qualcosa per il Paese.

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