Fissandosi così tanto sull’abolizione delle province il rischio è di fare un pastrocchio pur di fare quel che avevano promesso da anni di fronte all’opinione pubblica. Di fatto verrà abolito il diritto di voto per l’elezioni degli organi provinciali, i quali saranno ora sotto nomina e funzioneranno come un’assemblea dei sindaci delle aree provinciali. In più ci saranno 9 aree metropolitane, anch’esse senza elezione. Si parla di ruoli a titolo gratuito, il che dovrebbe far risparmiare denaro. I veri risparmi annunciati avverranno dopo anni, poiché le strutture e il personale rimangono e devono essere gestiti progressivamente, di certo non spariscono dall’oggi al domani.
Proprio ora che alcuni iniziavano a criticare il ruolo delle Regioni si è accelerato sulle province. Le Regioni hanno capcità legislativa, con capitoli di spesa di gran lunga superiori rispetto alle attuali province. Basti pensare agli sprechi sulla sanità o sui rifiuti. Le Regioni hanno dimostrato tutta la loro inadeguatezza, con commissariamenti e deficit da pianare.
Ma se una Regione contiene poche province, una provincia contiene numerosi comuni. Quindi l’assemblea dei sindaci avrà a rotazione alcuni che rappresentano molti. Se invece avessero eliminato le regioni avrebbero potuto trasformarle in assemblee delle province (magari ridotte di numero per aumentarne le dimensioni) e ne sarebbe stata più semplice la gestione. D’altronde in Italia una situazione simile già esiste in Trentino-Alto Adige (Suedtirol) dove le due province di Trento e Bolzano si sono separate dall’ente Regione che preesisteva, limitandosi ad un’assemblea di rappresentanti nominati a livello provinciale. Un modello di autonomia che sembra funzionare, visto che, nonostante i limiti, il trentino e l’Alto Adige sono tra le aree più sviluppate d’Italia (certo, non va dimenticata l’autonomia fiscale che sicuramente aiuta).
Perché si sia puntato sulla morte delle province anziché delle Regioni è un mistero, fatto sta che in questi ultimi mesi sono arrivate alcune critiche, anche considerando che il popolo italiano non ha più un ente a cui può delegare, attraverso il voto, la propria voce. Tra l’altro le province avevano un sistema elettorale proporzionale ma basato su collegi uninominali, che almeno limitava l'”effetto Fiorito” (ex consigliere regionale del Lazio) causato dalla raccolta a strascico delle preferenze per essere eletti e aumentare il proprio potere d’influenza.
Le Regioni vengono viste come un problema di frammentazione delle decisioni e causa dell’aumento delle spese. Va di moda parlare dell’ufficio turistico della Basilicata in Cina sottolineando come serva piuttosto ricostruire un ministero del turismo. Se le Regioni spendono e spandono, se devono veder ridotte le funzioni, se si guarda a una cittadinanza europea con future nuove evoluzioni degli stati partecipanti, ci si chiede se sia stato lungimirante puntare su questi enti mettendo k.o. le province. Che sono più vicine ai cittadini, più facili da coordinare a livello regionale e che comunque vedranno mantenere costi e compiti perché altrimenti andrebbero trasferiti a livello comunale/regionale, senza quindi annientare quella famosa spesa di 10 miliardi di euro tanto enfatizzata in questi ultimi anni.