Zhongnanhai e dintorniFermate il soldato Biden! Ovvero come calmare le acque provocando la Cina popolare

Non c’è che dire il viaggio asiatico di Joe Biden, vice-presidente statunitense, inizia con qualche difficoltà. In Giappone pensavano che la garanzia Usa nelle controversia con la Cina arrivasse fi...

Non c’è che dire il viaggio asiatico di Joe Biden, vice-presidente statunitense, inizia con qualche difficoltà. In Giappone pensavano che la garanzia Usa nelle controversia con la Cina arrivasse fino alla richiesta del ritiro della istituzione della zona di identificazione aerea. Così non è stato, perché si è preferito ribadire la condanna del “tentativo di modifica unilaterale dello status quo”.

A Pechino non l’hanno presa comunque bene. Infatti il China Daily – voce ufficiale solitamente vetrina cinese sull’Occidente – gli ha confezionato un bel benvenuto. “Ancora una volta – recita l’editoriale – il nostro tempestivo visitatore ha bisogno di essere ragguagliato: è il Giappone che ha unilateralmente cambiato lo status quo. L’invio di pattuglie intorno alle isole Diaoyu e la creazione della Adiz, sono risposte della Cina alle provocazioni giapponesi”. Se gli Stati Uniti – si legge – sono “veramente impegnati a ridurre le tensioni nella regione, devono prima di tutto smettere di avallare la pericolosa politica di Tokyo del rischio calcolato. Si deve smettere di incitare il belligerante primo ministro giapponese Shinzo Abe a spingere sull’acceleratore delle provocazioni

Detto e fatto? Tutt’altro. Joe il viaggiatore ha invece scelto la via della provocazione. Ancora fedele interprete dell’eccezionalismo americano e convinto assertore di una ormai sempre più decrepita vocazione universale della american way of life, ha aperto la sua visita a Pechino incitando gli alcuni studenti cinesi, in attesa del visto nell’ambasciata Usa, alla ribellione. Il vicepresidente ha ricordato come “solo dove si respira la libertà ci può essere innovazione” e che in “America i bambini vengono premiati quando fanno qualcosa di nuovo e rompono il segno di ciò che è vecchio”. Infine ha tenuto a sottolineare che il sistema scolastico del suo Paese esercita il “rigetto dell’ortodossia”.

Tanto valeva dirlo chiaramente: disfatevi del Partito comunista cinese e della pesante cappa illiberale del marxismo e del socialismo.

Peccato che l’ambasciatore particolare di Obama non abbia ricordato ai giovani cinesi che negli Usa li potrebbe attendere uno dei può totalitari meccanismi di spionaggio e negazione delle libertà che storia umana ricordi e che in Cina è dovuto fuggire il ragazzo – un ragazzo come loro – che lo ha rivelato e sfidato: si chiama Edward Snowden.

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