Il bicchiere è vuoto a tre quarti, ma qualcosa da bere c’è

Stamattina curiosavo sul sito dell'Istat, ché a fine anno è sempre interessante fare bilanci, e per fare i bilanci servono i numeri. E navigando un po' a casaccio, a un certo punto l'occhio mi è c...

Stamattina curiosavo sul sito dell’Istat, ché a fine anno è sempre interessante fare bilanci, e per fare i bilanci servono i numeri. E navigando un po’ a casaccio, a un certo punto l’occhio mi è caduto su questo grafico, che descrive la tendenza dell’abitudine alla lettura nella popolazione italiana, dal 2001 al 2012.

Due sono i dati che emergono da queste colonnine colorate. Il primo lo sento ripetere come un mantra da quando sono nato, ovvero: in Italia la maggior parte dei cittadini non legge nemmeno un libro all’anno. È un dato triste, che fa sanguinare il cuore a tutti coloro che amano la lettura e che, naturalmente, non riescono a capire come si possa vivere senza. 

L’altro è un dato che, pur essendo ugualmente visibile, non siamo abituati a considerare mai, forse spinti da un istinto al masochismo e alla autocommiserazione, o forse soltanto perché, come la lettera rubata di Poe, ce lo mettono talmente sotto gli occhi, che non lo guardiamo neppure. Sto parlando del tasso di crescita di quella parte di popolazione che almeno un libro all’anno lo legge, una parte che in dieci anni è aumentata dal 40% al 45%. 

A me non sembra poco.

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