Ego politicoIl primo autogol di Renzi

È bastata una settimana per rischiare di passare dalle stelle alle stalle. O dalle stelle ai 5 Stelle. Matteo Renzi, nella giornata in cui è stato incoronato segretario del Pd dall'Assemblea Nazion...

È bastata una settimana per rischiare di passare dalle stelle alle stalle. O dalle stelle ai 5 Stelle. Matteo Renzi, nella giornata in cui è stato incoronato segretario del Pd dall’Assemblea Nazionale a seguito del voto delle cosiddette primarie, ha subito invocato un accordo con Beppe Grillo (Il Movimento 5 Stelle) per le riforme. Probabilmente si trattava della famosta “sorpresina”. Ha tirato fuori l’hashtag #beppefirmaqui e chiesto con vigore e arroganza (insomma, mettendosi sullo stesso piano dell’ex comico genovese) un accordo in cui il Pd rinuncia subito al resto dei finanziamenti pubblici, così come vorrebbero i 5 Stelle, e Grillo accetta di votare la legge elettorale, la riduzione del numero dei parlamentari, trasformare una Camera in Senato delle Regioni.

La risposta dal blog di Beppe Grillo non si è fatta attendete, ovviamente sempre con un hashtag. Con #renziecaccialagrana arriva lo sfottò per il sindaco di Firenze, accomunato a Fonzie dopo le foto e la comparsata da Mara de Filippi con la giacca di pelle, e l’accusa al Pd e ai partiti: non solo devono restituire i fondi pubblici di questa tornata elettorale così come ha subito fatto il Movimento 5 Stelle senza porre condizioni, benì esigono la restituzione di tutti i finanziamenti trattenuti in questi 20 anni, dopo un referendum che aveva sancito il rifiuto degli italiani a dare soldi pubblici ai partiti che ormai venivano definiti “ladroni”.

Nel post “La scoreggina di Renzie” gli argomenti sono, titolo a parte, chiari e legittimi seppur con quel tono graffiante che ormai caratterizza il famoso blog. Accuse a Matteo Renzi arrivano anche sulle province: lui è stato presidente della provincia fiorentina mentre i 5 Stelle non hanno preso parte alle elezioni provinciali proprio perché ne volevano l’abolizione.

Anche sulla legge elettorale Grillo fa presente che questo parlamento non è legittimato, per la sentenza della Corte Costituzionale, a inventarsi una nuova legge di sanapianta. In realtà la Corte è stata ambigua perché ha fatto presente, dopo le obiezioni sul Porcellum, che il parlamento può fare le dovute correzioni per eliminare i punti critici (Ne ho scritto poco tempo fa in merito). Però è pur vero che parlamentari eletti in modo incostituzionale che cambiano una legge elettorale in maniera radicale e che fanno le riforme costituzionali è un fatto quantomeno delirante. Io sono d’accordo sul fatto che, se vogliamo rispettare gli equilibri costituzionali, l’unica soluzione è il ritorno immediato al precedente sistema elettorale, il Mattarellum, andare al voto e dopo discutere su che sistema elettorale avere. Così come le riforme costituzionali.

Però l’uscita di Renzi, che doveva essere di decisionismo e energia per costringere i “grillini” a scendere a presunti compromessi con l’accusa dei “renzini” (grillini e renzini sono termini provocatori di una frazione dei fan di Grillo e Renzi, quella più invasata) di essere #chiacchiereemicrochip, si trasforma in boomerang. Il sindaco di Firenze pretende che il Movimento 5 Stelle faccia un accordo secondo cui si scambia una cosa che aveva promesso Renzi (abolizione finanziamenti pubblici) con cose che vuole soprattutto Renzi (le riforme). Di solito si dovrebbe scambiare una cosa che non si vuole con una cosa che non vuole l’altra parte e raggiungere un compromesso.

Grillo ha risposto chiaro: tornare al Mattarellum. Quindi lo scambio deve essere che il Pd rinuncia subito ai fondi in cambio di una legge specifica (che, tra l’altro, vedrebbe il favore anche di esponenti Pd come Civati e Giachetti come compromesso). Altrimenti sembra che Renzi non voglia rinunciare subito a quei soldi, come invece aveva dato l’impressione fino a poco tempo fa. Una gaffe non da poco, come se il Pd fosse portatore sano di una malattia legata alla comunicazione dei leader e del partito.

Senza contare che i 5 Stelle sembrano favorevoli a una abolizione completa del Senato, scavalcando Renzi sul discorso dei risparmi, visto che il nep-segretario del Pd fa presente che le sue riforme valgono un miliardo di euro mentre i fondi dati al Pd sono alcune decine di milioni. Insomma, l’astro nascente della politica italiana sembra già cominciare a oscurarsi dietro le logiche incrostate di un sistema poltiico italiano nuovamente giunto al collasso a causa di una enorme crisi etica e legalitaria che ormai sta facendo sanguinare la Costituzione repubblicana.

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