Un ultracinquantenne americano ormai disoccupato cronico, il cui passato recente è costellato di debiti e incomprensioni familiari (ex-moglie e figlia in guerra; padre schifato di lui) tenta l’ultima carta nel deserto dell’Arabia Saudita aggregandosi a una società di nuove tecnologie. In una tenda piantata sulla costa desertica dove nascerà (forse) una futuribile città, dovranno vendere al Re un sofisticato marchingegno in grado di proiettare un ologramma che faccia sembrare presente e in 3D chi invece è a migliaia di chilometri.
È tutta qui la trama dell’ultimo romanzo di Dave Eggers, lo scrittore, editore e animatore culturale di San Francisco che esordì molti anni fa con «L’opera struggente di un formidabile genio» e poi si riconfermò con la docufiction di «Erano solo ragazzi in cammino». In altre parole: uno dei migliori autori statunitensi d’oggi.
Eggers in «Ologramma per il Re» (Mondadori) fa incetta di metafore. E sono metafore valide, bisogna dirlo. Il suo è un romanzo divertito e insieme dolente sulla Crisi economica e sulle piaghe che essa produce su di noi. Noi che l’abbiamo subita come un flagello di Dio (e invece è un fenomeno perfettamente provocato, come un attentato terroristico: leggere a questo proposito il libro di Luciano Gallino «Il colpo di stato di banche e governi» edito da Einaudi, aggiungendoci però anche «Shock Economy» di Naomi Klein, Rizzoli. Ignorare invece i giornali, perché non lo dicono).
Tornando al romanzo, attraverso il suo “uomo senza qualità” Eggers sembra suggerire che nel disastro attuale esiste anche una parte di nostra responsabilità. Alan, il protagonista, ha un passato da venditore e da manager. Dirigeva con successo una fabbrica di biciclette, finché non ha deciso di spostare parte della produzione in Cina dove il brevetto è stato copiato e le biciclette hanno cominciato ad essere prodotte a metà del costo delle sue. Fine della sua carriera e dalla fabbrica.
Dopo il deserto e l’ologramma, ecco dunque la terza metafora: la nostra colpa. Poiché bisogna pur chiederselo: anche se non abbiamo diretto una fabbrica di biciclette e non abbiamo deciso di delocalizzare la produzione, quanto hanno contato il nostro stile di vita, le nostre scelte quotidiane, i nostri voti, la nostra ignoranza a proposito dei meccanismi attuali della finanza e della politica ad essa servile? Quanto hanno inciso i nostri consumi sfrenati che, lo sanno anche i cani, affamano un’altra parte di mondo? E dove creiamo questa fame si può andare a produrre a costi bassissimi, senza libertà e senza diritti.
È come se Eggers dicesse, in definitiva, che il fallimento della nostra epoca, il colossale default, è ancora un crack dell’Uomo: è l’uomo che sta fallendo, nei suoi aspetti interiori, culturali, etici. La parte più dolente del romanzo non è l’esattezza con cui lo scrittore dipinge le cause meccaniche che hanno portato al fallimento di Alan, bensì il presente: le due occasioni mancate, d’amicizia e d’amore che gli si presentano davanti. L’autista Yusef e la dottoressa Zahra. Insieme a questi due personaggi e a due lunghe scene (la notte sulla montagna e la gita alla casa sul mare) Eggers fa toccare al romanzo il suo vertice. Un romanzo, mi pare, sulla Depressione – di noi, del mondo – malattia sociale invisibile, inodore e sottile come monossido di carbonio: e letale.
A quanti è accaduto in questi anni? A un certo punto della sua vita Alan si è risvegliato nel Deserto e l’immagine più significativa del suo romanzo, Eggers ce la serve a pagina 101 quando dopo una notte insonne nell’asettico albergo di Gedda, notte trascorsa a macerarsi in un misterioso e vietato intruglio alcolico e tra i fantasmi della sua vita, Alan si ritrova nella hall davanti a un tabellone elettronico che annuncia gli eventi del giorno:
«Nuovi Futuri: Medina Room
Forniture Commerciali Arabe: Sala Mezzanino
Principi di Tecnica Bancaria: Hilton Hall
La Scala del Successo, Parte 1: ore 10
La Scala del Successo, Parte 2: ore 11
Avrebbe potuto raggiungere il successo a mezzogiorno, lì all’Hilton. Perché dunque stava per recarsi in quella tenda sul mare?».