Quando cominci ad abitare nel Regno Unito, ci sono alcune cose che ami o odi fino in fondo, senza riserve. L’Earl Grey Tea, Monty Python e la Marmite sono alcune di queste. Ecco, io odio il te col bergamotto, e la cioccolata all’arancia od alla menta, ma amo alla follia fare colazione con la Marmite, una specie di marmellata salata e pungente fatta con il lievito avanzato dalla produzione di birra. Un serbatoio di vitamine di ogni tipo. L’altra cosa che amo sono i Monty Python, un collettivo di comici nato all’inizio degli anni Settanta e responsabili di un umorismo surreale, iconico, devastante, ancorche’ intelligente ed acuto. Una satira del costume, degli usi anglosassoni, delle fisime e delle turbe da fine impero dell’Isola per eccellenza. I Monty Python erano un gruppo di amici che, conosciutisi a scuola, decisero di cambiare non solo la comicita’ ma il modo di pensare di intere generazioni, raggiungendo ogni luogo del mondo. Furono uno di quei fenomeni culturali che ridipinsero la mappatura emozionale ed intellettuale di un’epoca. Come se qualcuno, nel caso John Cleese, Terry Gilliam e compagni, abbiano avuto le chiavi del cervello comunitario del Regno Unito e si siano divertiti a farlo andare in corto circuito, connettendo, in un crescendo di logica dispettosa ed anarchica, elementi distanti e fuorvianti delle tradizioni occidentali. Il sarcasmo raggiunse con Monty Python livelli assoluti di pericolo e ribellione contro le istituzioni. Tutti sappiamo la reazione pelosa a Brian di Nazareth, la loro satira della religione intesa come schiavitu’ dell’uomo e non come rivelazione della nostra umanita’.
Il modo con cui i Python hanno cambiato probabilmente riferimenti culturali all’epoca ha trasbordato nella politica, nella societa’. E sono rimasti unici, spettacolari, inimitabili. Anche se i muri del tube di Londra sono coperti dai manifesti di Spamalot, la loro ridicolizzazione del mondo di Re Artu’, dei cavalieri della Tavola Rotonda, pero’ non e’ la stessa cosa: nei teatri inglesi ci sono imitatori e, nonostante la comicita’ resti quello che manca e’ il nunc, il momento geniale di dire certe cose in un dato momento. Uno dei rischi della nostra societa’ e’ che il genio viene imitato, condizionato e reso docile, addomesticato, togliendolo dal suo contesto. La modernita’ diffonde una concezione di arte, cultura, anche politica, credendo che la volgarizzazione o l’imitazione siano valori in se’, al di fuori del significato. Il musical di Spamalot, tolto dallo stravolgimento dei costumi degli anni Settanta, diventa uno strumento di puro intrattenimento, ne’ piu’, ne’ meno di un film.
Cos’e’ lo Spam? Per gli esperti di Monty Python, nell’accezione originale, e’ carne in scatola, parte integrante della dieta anglosassone durante e dopo la guerra, una specie di Manzotin dove carne e chissa’ cosa sono mescolati per formare una mattonella rosastra, che puo’ essere grigliata, fritta, cucinata in diecimila maniere. Tanto che gli stessi Python gli dedicarono uno sketch famosissimo (vedi sotto), dove si ironizza che c’era solo quello da mangiare, e una cameriera di un locale la presenta e cucina in ogni possibile maniera. Ed e’ per questa sua natura multiuso e pervadente che la parola spam e’ diventata sinonimo di ‘informazione insistente o proliferazione di comunicazione non voluta, ergo indigesta, di di cui non abbiamo bisogno’. Viviamo in tempi di comunicazione, maledetta comunicazione, per la quale abbiamo abdicato alla saggezza, diceva Eliot. E per la quale abbiamo smesso di guardare al contenuto ma alla font od al medium del messaggio. Ergo, viviamo di spam mediatica. Invece, dovremmo cominciare a fare sempre piu’ distinzioni, non tanto sulla base delle dietrologie che si sono accumulate fra noi ed il futuro, come barricate, ma sulla strategia, sul da farsi. Le primarie potevano essere quel teatro e lo sono stato solo in parte, data da un lato la sproporzione fra i candidati in termini di leadership, misurata soprattutto dalla maniera con la quale la persona affronta le difficolta’, le sconfitte ed e’ capace di prendersi le sue responsabilita’, dall’altro la diversione del discorso programmatico in un confronto fra esposizione mediatica e frasi ritagliate e rese discorsi compiuti. Qualcosa, pero’, e’ accaduto. Nonostante la ricerca dello scoop e dello stile dei candidati, qualcosa, nella notte del voto delle Primarie, e’ accaduto. Una parte del paese ha capito che la sfida che abbiamo di fronte, quella del futuro, passa da un ribaltamento dei principi guida, delle tradizioni nefande a cui ci siamo abbandonati. E che, nonostante la fase di transizione che dovremo attraversare, esiste un’opportunita; di cambiamento del paese che non vada solo a vantaggio di pochi, ma che esistono le energie, il desiderio di cambiare le relazioni, fra istituzioni, fra cittadini, fra persone. Questa e’ stata la sorpresa della notte, quella forma di sospensione fra sorriso e lacrime per chi, come me e tanti amici, ha sperato e lottato per il cambiamento e quella forma di sospensione fra stizza, ma, mi auguro, speranza, che molti avranno provato, vedendo vincere un avversario, ma che e’ non un’icona non di un altro cavaliere bianco, mascherato, ma l’espressione di un’Italia che spera ancora. E che sa anche farci una risata sopra.
Spero che siano state le ultime primarie di Spamalot e che le prossime siano quelle di un paese che abbia ritrovato, se non una crescita economica importante, se non ogni soluzione ad ogni problema, perlomeno lo spirito giusto per farlo. Ragionevolezza delle scelte, uno scossone al cuore ed al cervello del paese, ironia romantica ed entusiasmo, non basteranno, forse. Non bastera’ un gruppo di quarantenni e trentenni a rendere l’Italia da malato a cuore pulsante della nuova Europa, ma sono un ottimo punto di partenza. Domenica sera, nella mia macchina, mi sono trovato di fronte al ristorante Desperados, che un tempo si chiamava Granita, ed era il luogo dove Brown e Blair si accordarono per mettere insieme le diverse anime del Labour, entrambi giovani, entrambi pronti a guidare la nazione. Ci siamo, oltre le frontiere della terra di mezzo a cui ci hanno condannato i cavalieri di Spamalot.
Buongiorno Italia, provincia di Europa.
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Un avventore – “Ma, se sei il Messia, cosa ci fai a lavorare in una pizzeria di Roma?”
Il Messia – “Che vuoi che ti dica, amico. Quando sono arrivato, pensavo che tutti si sarebbero resi conto di chi fossi, ma, dopo pochi giorni, ho capito che qui tutti si credono, se non figli di Dio, perlomeno immortali o capaci di miracoli. Tutti i posti per profeti, falsi e non, erano presi. Allora, ho deciso di ripartire da qualcosa, che, te lo dico a fare, a volte, anche far lievitare la pizza, cuocerla nel forno e servirla come si deve, magari con un sorriso, e’ gia’ un fottuto miracolo”
Un altro avventore – “Ah Nazzare’, la pizza e’ fredda…”
Il Messia – “A li mortacci tua! Si chiama entropia, una legge della fisica, quelle non posso cambiarle! Al massimo te la riscaldo un attimo”
Lo stesso avventore – “Riscaldala e basta, niente extra acciughe, che ogni volta esageri..aho, mica so’ na foca”
Il Messia – “A’ngrato!”
Fake Python – Nemo Propheta in Parioli – K.J. Okker
www.youtube.com/watch?v=anwy2MPT5RE
SOUNDTRACK