Il comunicato stampa con il quale la Corte annunciava l’incostituzionalità del Porcellum ha creato un terremoto. E, soprattutto, ha provocato l’immediato volo concentrico di numerosi avvoltoi sul corpo esanime del bipolarismo. Tra questi avvoltoi, i populisti di ogni risma che hanno colto l’occasione per continuare il gioco al massacro delle istituzioni, urlando contro l’illegittimità del Parlamento.
Allo stesso modo, i relitti della Prima Repubblica – di centro, di destra e di sinistra – che sperano nel ritorno del sistema proporzionale per continuare a giocare nel campo che ben conoscono: quello dei veto player, presunti difensori della rappresentanza, votati a rendere inefficace qualsiasi governo, quale che sia il suo colore. Sono i più pericolosi: soggetti politici che hanno ispirato il Porcellum (basti pensare a Casini e all’Udc per tutti), eterni sabotatori del voto popolare in quanto vivono di alleanze parlamentari mai votate dai cittadini, rappresentanti di numeri modesti – dallo 0,1 al 5 per cento – che, in ragione di questi numeri, pretendono di contare quanto le maggioranze o, semplicemente, ne boicottano i programmi o ne intercettano le spinte riformiste.
Napolitano ha intuito immediatamente la gravità della situazione ed è intervenuto con la giusta determinazione: le Camere sono legittime, bisogna superare il proporzionale, ridurre il numero dei parlamentari e riformare il bicameralismo paritario. Più chiaro di così…
In primo luogo, la sentenza non delegittima il Parlamento. D’altra parte, il concetto è chiaramente spiegato nel comunicato della stessa sentenza che, inoltre, indica come il Parlamento sia libero di studiare altre forme e soluzioni. Dal punto di vista giuridico, insomma, la questione non si pone, semmai, questo sì, esiste un problema politico. C’è tempo, insomma, per una nuova legge elettorale. Ma in senso maggioritario e bipolare. Perché l’Italia è cambiata. E con essa anche la sua Costituzione materiale.
In secondo luogo, ridurre il numero dei parlamentari e riformare il Senato, togliendo a questo il voto di fiducia. Passaggi cruciali, ormai pacifici nel dibattito. Tant’è vero che, su questi punti, la Relazione dei saggi coordinati dal Ministro per le Riforme costituzionali Quagliariello ha espresso una posizione sostanzialmente univoca. Soluzione che, da una parte, allontana gli avvoltoi populisti perché diminuisce le dimensioni e i costi della politica. Dall’altra parte, risolve il problema della efficacia e della rapidità delle decisioni dei governi perché rende il lavoro parlamentare più snello e adeguato ai tempi che richiede la società contemporanea.
Insomma, l’intervento di Napolitano è stato decisivo. Il Presidente ha voluto proteggere così le prerogative del Parlamento da chi – a partire dalla sera del 4 dicembre – strumentalizza la sentenza della Corte. E, allo stesso modo, ha voluto tutelare i cittadini che si sono espressi sulla legge elettorale con referendum sin dai primi anni ’90 e che, così, hanno dimostrato di apprezzare in questi anni la direzione presa dal sistema politico-istituzionale verso una democrazia dell’alternanza.
Qualcuno ha accusato il Presidente per una presunta ‘invasione di campo’. Non credo che lo sia. La Costituzione disegna una figura di Presidente che è notarile se la politica fa bene il suo mestiere e che si espande nel caso in cui la politica resti impallata. In più, il Presidente è un custode della Costituzione. Ma la Costituzione è anche quella materiale che evolve e si aggiorna con prassi, usi, valori nuovi: per Napolitano la cultura bipolare e maggioritaria sta dentro questa Costituzione materiale.
Questa architettura, oggi, può contare su un solido pilastro. Quello del vincitore delle primarie del Pd. Quasi un plebiscito per il bipolarismo, la democrazia che decide, il cittadino come arbitro delle scelte.
(Articolo pubblicato su Qdrmagazine)