ABC. A-Always, B-Be, C-ClosingRebus immobiliare: considerazioni per il 2014

Siamo agli sgoccioli di un altro anno molto difficile per il mercato immobiliare, e sono già iniziate le previsioni degli esperti. Qui su Linkiesta non voglio fare alcuna ipotesi su cosa ci aspetta...

Siamo agli sgoccioli di un altro anno molto difficile per il mercato immobiliare, e sono già iniziate le previsioni degli esperti. Qui su Linkiesta non voglio fare alcuna ipotesi su cosa ci aspetta, ma solo qualche bilancio e riflessione, numeri e dati alla mano.

Partiamo dai dati. Secondo Nomisma, la società indipendente di ricerca, il 2013 dovrebbe chiudersi con un calo dei prezzi intorno all’8,3%, mentre il numero totale di transazioni dovrebbe avvicinarsi alle 400mila unità, ancora in calo rispetto al 2012, quando si erano attestate intorno alle 444mila, e già si parlava di un balzo indietro di trent’anni ai livelli degli anni ‘80. Sempre utilizzando i dati del 2012 è bene sottolineare che un anno fa gli acquisti con relativa accensione di un mutuo ipotecario erano crollati addirittura del 38,6% rispetto al 2011, mentre il valore dei mutui erogati si era fermato a 19,6 miliardi, a fronte dei 34,3 miliardi erogati nel 2011: un meno 42,8%. Secondo il rapporto MedioFimaa nei primi nove mesi del 2013 si è registrata un’ulteriore contrazione del 12% (a 18,9 miliardi di euro). In tre anni quindi le erogazioni si sono più che dimezzate, passando dai 58,2 miliardi di euro del 2010 ai circa 23,4 attesi per fine 2013.

Morale: l’acquisto di una casa, se e quando avviene, avviene utilizzando sempre più i propri risparmi. E ciò spiega in buona sostanza perché calino le vendite: comprare casa è possibile solo per chi ha già denaro, e quindi di per sé, una minoranza.

E invocare l’allentamento della stretta creditizia da parte delle banche, oggi è pura utopia: nel suo bollettino mensile, rilasciato in settimana, l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, segnala come, a seguito del perdurare della crisi e dei suoi effetti, la rischiosità dei prestiti in Italia sia ulteriormente cresciuta. Le sofferenze nette a ottobre 2013 sono risultate infatti pari a 77,4 miliardi, le lorde 147,3 miliardi. Se chi ha un prestito (compresi i finanziamenti per l’acquisto di un’abitazione) fa più fatica a restituirlo ecco che le banche stringono ancora di più i cordoni del credito. Lineare.

Ma anche chi una casa ce l’ha già non se la passa bene, anzi. Non mi riferisco tanto al “pasticcio” (per usare un eufemismo) IMU, service tax, IUC indegno di un qualsiasi Paese civile, e di cui è impossibile spiegare ai propri colleghi stranieri il raziocinio dietro a certe scelte e dietrofront; quanto alla visione del mattone come prima e principale fonte di risparmio. I risparmi allocati negli immobili restano alti, ma il valore delle case è in costante calo.

Nel 2012, secondo l’ultimo rapporto della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane, le attività reali come appunto gli immobili sono diminuite del 3,5% rispetto al 2011 nel portafoglio degli italiani anche per il calo dei prezzi delle abitazioni, contro un 4,5% di aumento delle attività finanziarie. Dati che contribuiscono a spiegare il calo di 51 miliardi di euro della ricchezza netta complessiva in soli dodici mesi a prezzi correnti (-0,6 per cento), tuttavia alla fine dello scorso anno l’84% dei 5.768 miliardi di euro di attività reali era rappresentato proprio dalle abitazioni, insieme a un quasi 6% di immobili non residenziali: 4.800 miliardi di euro che in media sono 200mila euro a famiglia, pur essendo ancora in diminuzione il trend del valore nominale delle case.

In buona sostanza: tra indebitamento e tassazione, la liquidità delle famiglie si sta assottigliando per mantenere intatto quel bene su cui si era investito proprio per salvaguardare i risparmi.

Eppure la “voglia” di casa non tramonta: secondo un recente sondaggio condotto dal portale immobiliare Idealista.it se è vero che il budget di spesa per l’acquisto di casa si è ridotto a non più di 200mila euro, è altrettanto vero che un 62,1% degli intervistati ritiene sia il momento di comprare casa, visto che i potenziali acquirenti (il 65,9%) sono alla ricerca di casa da uno a oltre tre anni.

Ma l’interesse verso il settore immobiliare del nostro Paese si è riacceso anche da parte degli investitori istituzionali: se nel 2012, secondo i dati Jones Lang LaSalle, su 19 miliardi di transazioni in tutta Europa solo 77 milioni erano stati investiti in Italia, il 2013 ha già assistito a diversi “colpi”, da parte, ad esempio, della Qatar Investment Authority (hotel in Costa Smeralda), di Morgan Stanley Sgr (nuovo fondo da 635 milioni), di Axa e Allianz (uffici a Roma e Milano). I prezzi, in calo, e gli alti rendimenti iniziano ad attrarre gli investitori, ed ecco spiegato perché Henderson Global Investors, in un report dedicato all’Europa meridionale preveda un sempre maggior interesse, da qui al 2017, per gli investimenti nel nostro Paese.

Detto quindi che le previsioni le fanno gli scommettitori, i dati storici e i trend evidenziano come il mercato immobiliare rimanga sostanzialmente fragile e dato che la crescita dei salari è inesistente, mentre la disoccupazione viceversa cresce a due cifre, è difficile ipotizzare una risalita delle compravendite e men che meno dei valori perché, è inutile negarlo, oggi – ma non solo in Italia – il mercato immobiliare è tenuto in vita artificialmente dal sistema bancario: il repricing a cui abbiamo assistito negli ultimi anni non si fermerà.

Che fare? Per avanzare, occorre fare un passo indietro. Fare un passo indietro nelle richieste (certi prezzi di vendita sono oggi improponibili), farne uno avanti in ambito culturale, dato che l’investimento sulla casa non è un rifugio intoccabile come molti italiani hanno sempre pensato, oltre a rendersi conto che la casa di proprietà è sempre meno alla portata, specie per le giovani coppie, per le quali oggi un tetto costa più che alla generazione che li ha preceduti, e che devono quindi fare un maggiore “sforzo” di cultura finanziaria. Serve poi, da parte degli operatori meno improvvisazione e chiacchiere, e più analisi e farsi portatori di cultura. Serve infine, che il Paese, e chi governa in primis – anche se in questo campo, ahimè i segnali sono tutt’altro che incoraggianti – sappia cogliere le occasioni (come Expo2015), sfrutti le proprie risorse, come le bellezze artistico-culturali, naturali, in maniera manageriale e che si modernizzi, modernizzi, modernizzi. Il futuro è presente.

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